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La regolazione dopo la trascrizione

Persino dopo che l’mRNA è maturato e si è spostato nel citoplasma, la sua presenza non implica necessariamente che sarà tradotto in una proteina funzionale. Gli eucarioti dispongono di numerosi meccanismi che regolano l’espressione genica durante e dopo la traduzione: i controlli traduzionali e post-traduzionali, infatti, possono regolare l’intensità della traduzione e la longevità delle proteine.

I controlli traduzionali

Non sempre la quantità di una proteina presente in una cellula dipende direttamente dalla quantità del suo mRNA; molto spesso le due concentrazione non sono proporzionali. In questi casi la concentrazione delle proteine nella cellula deve essere determinata da fattori che agiscono dopo la maturazione dell’mRNA.

Il processo della traduzione può essere influenzato dalle condizioni all’interno della cellula. Per esempio, un controllo traduzionale può servire a mantenere un adeguato equilibrio nel caso in cui diverse subunità si associano a formare un’unità funzionale, come accade per le molecole di emoglobina. Una molecola di emoglobina è formata da quattro subunità globiniche e da quattro gruppi del pigmento eme; quando la sintesi delle globine non è uguale a quella del pigmento, alcuni gruppi eme rimangono liberi nella cellula, in attesa di legarsi a una globina. Tale eccesso di gruppi eme agisce a livello del ribosoma rimuovendo un blocco all’inizio della traduzione e, così facendo, accresce il tasso di traduzione dell’mRNA per la globina.


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La regolazione dopo la trascrizione

I controlli post-traduzionali

Un altro sistema per controllare l’attività di una proteina in una cellula è di regolarne la longevità. Il meccanismo che attiva la degradazione di una proteina è il seguente: un enzima catalizza il legame tra una lisina della proteina bersaglio destinata alla demolizione e una proteina formata da 76 amminoacidi, chiamata ubiquitina.

Successivamente, alla catena iniziale di ubiquitina se ne attaccano altre, formando un complesso poliubiquitinico. In seguito il complesso proteina-poliubiquitina si lega a un enorme complesso proteico, detto proteasoma (▶figura 14). Il corridoio d’ingresso a questa «camera della morte» molecolare è un cilindro cavo capace di utilizzare l’energia liberata dall’ATP per staccare l’ubiquitina, che viene riciclata, e denaturare la proteina bersaglio. La proteina da degradare viene quindi digerita da tre diverse proteasi che la riducono in piccoli frammenti peptidici e amminoacidi liberi.

La concentrazione cellulare di molte proteine non dipende dall’espressione differenziale dei rispettivi geni, bensì dalla loro degradazione a livello dei proteasomi. Le cicline, per esempio, vengono demolite al momento opportuno del ciclo cellulare. Esistono, però, alcuni virus capaci di sabotare il sistema. Il papillomavirus umano, responsabile del cancro alla cervice uterina, prende a bersaglio la proteina p53, inibitrice della divisione cellulare, e la indirizza verso la distruzione nel proteasoma; il risultato è una divisione cellulare priva di controllo, cioè il cancro.

Figura 14
Figura 14open

Un proteasoma demolisce una proteina

Una proteina marcata per la demolizione forma un legame con l’ubiquitina, che «indirizza» la proteina bersaglio a un proteasoma, un complesso enzimatico formato da molti polipeptidi.

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