L’evoluzione dopo Darwin: la teoria sintetica
Le lacune nella documentazione fossile
I ricercatori dispongono di una documentazione ampia e dettagliata della storia evolutiva solo per alcuni gruppi di organismi: fino a oggi sono state scoperte e studiate circa 250 000 specie fossili, ma si calcola che questo numero rappresenti solo l’1% di tutte le specie che hanno popolato la Terra in passato. Questa incompletezza è spiegabile con la scarsa probabilità che un organismo vivente lasci resti fossili e che questi vengano poi ritrovati.
In generale il processo di fossilizzazione è un evento casuale (come anche la scoperta di un fossile) ed è impossibile disporre di una documentazione completa che testimoni in modo sistematico i diversi momenti della storia evolutiva di tutte le specie. Nonostante queste difficoltà si può riscontrare nei fossili di singole specie quel cambiamento graduale previsto dalle teorie darwiniane. Un esempio è costituito dalla serie dei fossili che narrano come le balene siano derivate da antichi organismi che vivevano sulla terraferma (▶figura 8).
Un altro problema importante che affliggeva Darwin era la difficoltà di trovare fossili di transizione. Sono definiti fossili di transizione i resti di organismi che presentano caratteristiche intermedie tra due grandi gruppi. Un esempio molto noto di fossile di transizione, il cui primo esemplare fu scoperto nel 1860, è Archaeopteryx lithographica, un organismo con tratti intermedi fra quelli di un rettile alato e quelli di un uccello. Secondo la teoria di Darwin l’evoluzione procede gradualmente, per piccoli passi, perciò le forme di transizione dovrebbero essere numerose. Come si spiega quindi la loro scarsità? Secondo Darwin la ragione va cercata nella casualità del processo di fossilizzazione, ma oggi questa spiegazione viene considerata insufficiente. Si pensa invece che talvolta il passaggio tra una forma vivente e l’altra possa avvenire molto rapidamente, lasciando di conseguenza poche tracce fossili.