L’operone: come i procarioti regolano l’espressione genica
Gli operoni sono le unità di trascrizione dei procarioti
Nei batteri i geni che codificano per proteine correlate vengono regolati insieme con un meccanismo abbastanza semplice. Riprendiamo il nostro esempio: i geni strutturali che codificano per gli enzimi che digeriscono il lattosio sono posizionati uno accanto all’altro sul cromosoma di E. coli. Questa disposizione non è casuale: il loro DNA infatti viene trascritto in un’unica ininterrotta molecola di mRNA, la cui presenza o meno farà sì che la cellula produca tutti gli enzimi o nessuno.
I tre geni condividono anche uno stesso promotore che, come abbiamo detto nel capitolo precedente, è la sequenza di DNA a cui si lega la RNA polimerasi; fra il promotore e i geni strutturali si trova un breve segmento di DNA, definito operatore, capace di legare una proteina regolatrice, detta repressore:
- quando il repressore si lega all’operatore, la RNA polimerasi non può effettuare la trascrizione dell’mRNA e i geni non si esprimono;
- quando il repressore non è legato all’operatore, la sintesi di mRNA procede regolarmente: i geni quindi possono esprimersi.
L’intera unità, formata da geni strutturali strettamente collegati e dalle sequenze di DNA che controllano la loro trascrizione, viene detta operone. Un operone comprende sempre un promotore, un operatore e due o più geni strutturali. Il promotore e l’operatore sono tratti di DNA che svolgono la funzione di siti di legame e non vengono trascritti. Ogni operone è controllato da uno specifico gene regolatore, che codifica per la proteina che funziona da repressore (▶figura 11). Diversamente da promotore e operatore, il gene regolatore può trovarsi anche a notevole distanza dai geni strutturali che controlla.
In generale, i meccanismi di azione del repressore sono di due tipi:
- In alcuni operoni, tra cui l’operone lac, il repressore blocca stabilmente l’operatore e viene rimosso solo quando giunge un segnale esterno, che ne causa il distacco. Questo segnale è una molecola specifica chiamata induttore.
- In altri casi, il repressore entra in funzione solo in presenza di una molecola esterna, chiamata corepressore, che lo rende capace di legarsi all’operatore.
In entrambi i casi la caratteristica più importante del repressore è la sua capacità di cambiare forma in presenza del corepressore o dell’induttore. Sono questi cambiamenti di forma che modificano la sua capacità di legarsi all’operatore.