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La ricombinazione genica nei procarioti

Diversamente dai virus, i procarioti (batteri e archei) sono cellule capaci di svolgere tutte le funzioni vitali fondamentali. Di regola questi organismi si riproducono per via asessuata: ogni cellula dà origine a un clone, ovvero a una popolazione di individui geneticamente identici. Ciononostante, i batteri dispongono di varie modalità di ricombinazione genica che sono estremamente utili dal punto di vista evolutivo, in quanto introducono nelle popolazioni batteriche quella variabilità genetica che permette di sopravvivere a eventuali cambiamenti dell’ambiente.

La ricombinazione genica per trasduzione e trasformazione

Nel ▶capitolo B1 abbiamo visto che negli eucarioti la ricombinazione è un processo strettamente associato alla riproduzione e si verifica tra cromosomi omologhi durante la meiosi. Nei procarioti, al contrario, i due processi sono separati e distinti, tanto che a volte la ricombinazione non richiede nemmeno la partecipazione di due cellule intere. Pur riproducendosi per via asessuata, i procarioti dispongono di svariati modi per ricombinare i loro geni.

La trasformazione è la ricombinazione che avviene quando un batterio acquisisce DNA libero dall’ambiente. Questo fenomeno si manifesta in natura in alcune specie di batteri, quando le cellule muoiono e il loro DNA fuoriesce (▶figura 5A). Una volta che il DNA trasformante si viene a trovare nella cellula ospite, il cromosoma di quest'ultima può incorporare nuovi geni con un processo molto simile alla ricombinazione eucariotica. Il primo esempio sperimentale di trasformazione risale a più di 75 anni fa, quando Frederick Griffith eseguì gli esperimenti descritti nel ▶capitolo B3. Oggi siamo in grado di spiegare i risultati ottenuti da Griffith: dalle cellule morte degli pneumococchi patogeni era fuoriuscito del DNA, che poi era stato assunto come DNA libero dagli pneumococchi vivi non virulenti e li aveva resi virulenti.

La trasduzione è invece un meccanismo di trasferimento del DNA da un batterio a un altro per opera di un virus. Come abbiamo appena visto, quando i fagi vanno incontro a un ciclo litico impacchettano il proprio DNA nel capside. In genere i capsidi si formano prima che al loro interno si inserisca il DNA, perciò talvolta in un capside vuoto si può introdurre un frammento di DNA batterico (▶figura 5B); quando il nuovo virione infetta un’altra cellula batterica, il frammento di DNA estraneo sarà iniettato al suo interno e potrà ricombinarsi con il cromosoma ospite, portando alla sostituzione di alcuni geni dell’ospite con geni batterici provenienti dalla cellula che in precedenza aveva ospitato il virus.

Questo tipo di passaggio viene chiamato trasduzione generalizzata, perché può trasferire in modo casuale un frammento qualunque di DNA da un batterio a un altro. Esiste anche un meccanismo di trasduzione specializzata, che coinvolge i profagi: quando il profago si stacca dal cromosoma che lo ospita, porta con sé un frammento contiguo del DNA batterico in cui era inserito. In questo caso il frammento trasportato non è casuale, perché in genere il profago si inserisce in corrispondenza di un locus specifico.

Figura 5
Figura 5open

La trasformazione e la trasduzione

Quando un nuovo frammento di DNA entra in una cellula batterica, può verificarsi un evento di ricombinazione. (A) Il DNA trasformante può fuoriuscire da cellule morte ed essere assunto da cellule vive, che possono così incorporare i nuovi geni presenti su di esso. (B) Nella trasduzione, alcuni virus trasportano frammenti di DNA batterico da una cellula all’altra.

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