Come si fa a inserire nuovi geni nelle cellule?
I vettori introducono nuovo DNA nelle cellule ospiti
Quando si inserisce nuovo DNA all’interno di una cellula, la sfida non consiste tanto nel farlo entrare nella cellula ospite, quanto nel far sì che il DNA estraneo si duplichi quando la cellula si divide: infatti la DNA polimerasi, l’enzima che catalizza la duplicazione del DNA, non si lega a qualsiasi sequenza di DNA. Per potersi duplicare, il nuovo DNA deve entrare a far parte di un replicone, cioè di un segmento di DNA che contenga un’origine della duplicazione.
In linea di massima, un frammento di DNA appena inserito si può integrare in un replicone in due modi:
- Dopo essere penetrato nella cellula, il frammento si può inserire in un cromosoma ospite in prossimità di un sito di origine della duplicazione. Un inserimento di questo tipo, pur essendo un evento casuale, è un metodo utilizzato spesso per integrare un nuovo gene in una cellula ospite.
- Il frammento di DNA può entrare nella cellula ospite come parte integrante di una sequenza di DNA trasportatrice (un vettore) che possiede già un’origine della duplicazione adatta.
Per essere efficace, un vettore deve avere quattro caratteristiche fondamentali:
- essere capace di duplicarsi in modo indipendente nella cellula ospite;
- possedere una sequenza di riconoscimento per un enzima di restrizione che lo possa tagliare e combinare con il nuovo DNA;
- contenere un gene reporter che ne segnali la presenza nella cellula ospite;
- avere dimensioni minori dei cromosomi dell’ospite.
I vettori che rispondono a questi requisiti sono diversi e comprendono plasmidi, virus e cromosomi artificiali:
- I plasmidi (▶figura 5A) hanno piccole dimensioni (un plasmide di E. coli è costituito da 2000-6000 coppie di basi, mentre il cromosoma principale ne contiene oltre 4,6 milioni) e spesso contengono un’unica sequenza di riconoscimento per un dato enzima di restrizione. Per questo un plasmide tagliato con un enzima di restrizione si trasforma in una molecola lineare provvista di estremità coesive, che si possono appaiare con le estremità coesive di un altro frammento di DNA. Altre due caratteristiche rendono i plasmidi ottimi vettori: come abbiamo già visto, molti plasmidi contengono geni che conferiscono resistenza agli antibiotici, che possono funzionare da geni reporter; inoltre, i plasmidi possiedono un’origine della duplicazione (ori) e possono duplicarsi indipendentemente dal cromosoma della cellula ospite. I plasmidi tuttavia sono ottimi vettori solo per geni di piccole dimensioni; essi infatti sono troppo piccoli per accogliere l’inserzione di frammenti molto grandi di DNA. Perciò non possono essere usati come vettori per la maggior parte dei geni eucariotici.
- I virus vengono frequentemente usati come vettori per i geni eucariotici e procariotici. Dal momento che per un virus infettare le cellule è un fatto naturale, i virus presentano un grande vantaggio rispetto ai plasmidi: non richiedono particolari artifici per essere indotti a penetrare nelle cellule ospiti.
- I cromosomi artificiali di lievito (Yeast Artificial Chromosome, YAC; ▶figura 5B) sono cromosomi «minimi» creati in laboratorio per risolvere un problema che spesso si riscontra con i plasmidi: il DNA eucariotico utilizza un’origine della duplicazione differente da quella del DNA procariotico. Un cromosoma minimo è una molecola di DNA che contiene non soltanto l’origine della duplicazione del lievito, ma anche le sequenze del centromero e del telomero, il che la rende un vero e proprio cromosoma eucariotico. Contiene, inoltre, siti di restrizione e geni reporter (legati a particolari esigenze nutritive del lievito) sintetizzati artificialmente. Pur comprendendo soltanto 10 000 coppie di basi circa, i cromosomi artificiali possono accogliere l’inserimento di segmenti lunghi da 50 000 fino a 1,5 milioni di coppie di basi. All’interno di cellule di lievito, questi cromosomi artificiali effettuano normalmente la duplicazione del DNA e l’espressione genica tipiche degli eucarioti.