Studiare la vita
Il metodo scientifico: un caso di studio
Come nasce una teoria scientifica?
Quando un’ipotesi viene confermata dagli esperimenti, lo scienziato può formulare una teoria generale, che spiega non solo il fenomeno osservato, ma tutti i fenomeni dello stesso tipo che saranno osservati anche in futuro. Nel caso di Pasteur, l’esperimento confermò la teoria della biogenesi, secondo cui la vita (come i microrganismi che compongono le muffe) nasce soltanto da altra vita (ovvero le spore contenute nell’aria) e non può generarsi spontaneamente a partire dalla materia inanimata.
La storia della scienza insegna che le teorie scientifiche non sono mai definitive, ma vanno incontro a continue trasformazioni, rivisitazioni e verifiche. Il fatto stesso che le teorie derivino da osservazioni ed esperimenti comporta che esse debbano sempre essere sottoposte a nuove prove, e che un giorno possano essere messe in discussione da ulteriori osservazioni.
Una teoria che venga costantemente verificata da esperimenti diversi si impone come un fatto scientifico. La teoria cellulare, per esempio, pur essendo il risultato di un procedimento analogo a quello descritto sopra (osservazione, ipotesi ed esperimento) si è imposta a tal punto che oggi consideriamo le cellule un fatto scientifico, sulla base del quale compiamo nuove osservazioni e formuliamo teorie più dettagliate, come quella della comunicazione cellulare. Lo stesso avviene con l’evoluzione delle specie, che da teoria è diventata un fatto scientifico fondamentale per la nostra indagine della natura: a partire da questo presupposto, la teoria evoluzionista cerca di formulare spiegazioni sempre più precise dei meccanismi evolutivi.
Altre volte, invece, uno strumento più preciso o una nuova prospettiva sull’oggetto di indagine portano lo scienziato a mettere in dubbio una teoria tradizionalmente accettata, e a cercare di modificarla o sostituirla con una più avanzata. Questa dinamicità delle teorie non intacca in alcun modo la loro autorevolezza; al contrario, è una garanzia di scientificità e rivela un carattere fondamentale del lavoro del ricercatore: la sua capacità di formulare domande sempre nuove e di porsi in modo critico nei confronti delle proprie conoscenze.
Un’apparente eccezione al metodo scientifico è costituita dalle scoperte avvenute in modo casuale, come quella della penicillina da parte di Alexander Fleming (1881-1955). Grazie a una coincidenza fortunata, infatti, Fleming si accorse che la contaminazione accidentale da parte di una muffa di una piastra batterica abbandonata aveva arrestato lo sviluppo dei batteri: egli scoprì così il primo antibiotico naturale e lo battezzò penicillina, in onore della muffa (l’ascomicete Penicillium notatum) che aveva la sorprendente capacità di uccidere i batteri (▶figura 10).
Casi come questo sono generalmente indicati come esempi di serendipità, ovvero di scoperte che giungono in modo casuale e inaspettato, quando il ricercatore stava studiando qualcos’altro. È innegabile che la fortuna giochi un ruolo importante in questi casi; a ben vedere, però, è necessario che lo scienziato abbia un’apertura mentale e una predisposizione tali da permettergli di riconoscere la scoperta. Come ammise lo stesso Fleming, se egli non fosse stato particolarmente interessato alla questione delle sostanze antibatteriche, la piastra contaminata sarebbe stata buttata via.