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La macroevoluzione e la storia della vita

Per saperne di più

Nuove frontiere per l’evoluzione

Durante il Novecento, la teoria dell’evoluzione si è fatta progressivamente più vasta e più robusta, grazie alle molte conferme che ha ricevuto da campi di studio anche molto differenti tra loro. Tuttavia come ogni teoria viva, ha ancora ampi margini di crescita e di cambiamento.

L’epigenetica

Un campo che in anni recenti ha aperto prospettive nuove e inattese è, per esempio, quello dell’epigenetica. L’epigenetica è lo studio dei cambiamenti dell’espressione genica ereditabili che non sono dovuti a mutazioni nella sequenza del DNA. Si tratta di un ambito di ricerca che risale circa alla metà del secolo scorso, ma che ha assunto grande importanza soltanto negli ultimi vent’anni.

I genetisti molecolari si sono resi conto che il DNA può subire modificazioni come la metilazione di alcune basi o il riarrangiamento strutturale della cromatina, che conducono a modificazioni dell’espressione di alcuni geni, pur senza alcun cambiamento nella sequenza delle basi azotate.

I cambiamenti epigenetici subiti da un organismo possono passare anche alla sua progenie, ma di solito vanno persi entro poche generazioni. In questo modo la loro rilevanza in termini di evoluzione sarebbe trascurabile; in alcuni casi, tuttavia, sono stati osservati fenomeni di ereditabilità delle modificazioni epigenetiche, tanto che i ricercatori parlano di paramutazioni. Questa osservazione, se confermata, potrebbe richiedere una revisione più o meno profonda della sintesi evoluzionistica. Le paramutazioni, per esempio, potrebbero rendere conto di fenomeni di adattamento troppo rapidi per essere spiegati secondo i normali meccanismi evolutivi. Il punto più scottante della questione però è un altro: molte prove sperimentali indicano che i cambiamenti epigenetici avvengono in risposta alle condizioni ambientali. Sembra quindi possibile che, almeno in alcuni casi, l’ambiente possa influenzare direttamente il genoma.

Evolution of Development: evo-devo

Un altro campo che sta dando un forte stimolo alle ricerche nel campo evolutivo è quello della cosiddetta biologia evoluzionistica dello sviluppo, comunemente chiamata evo-devo (dall’inglese Evolution of Development, evoluzione dello sviluppo). Si tratta di una disciplina che compara le diverse modalità secondo cui gli organismi di specie differenti si sviluppano a partire dalle forme embrionali. Come sappiamo, la biologia dell’evoluzione ha dedicato fin dall’inizio grande attenzione all’embriologia: l’evo-devo nasce però in seguito al grande impulso dovuto alla scoperta dei geni specifici coinvolti nel processo di sviluppo e del loro funzionamento, quella che viene definita la «cassetta degli attrezzi genetici per lo sviluppo».

Un esempio del campo di studi dell’evo-devo è quello relativo all’origine e allo sviluppo dell’occhio. Animali di gruppi distanti possiedono occhi con strutture completamente differenti derivanti da meccanismi di sviluppo che non sembrano avere nulla in comune. È il caso, per esempio, degli occhi composti degli insetti e di quelli tipici dei vertebrati (▶figura). Nonostante queste enormi differenze, l’evo-devo ha evidenziato che alcuni geni, come quello chiamato Pax-6, sono coinvolti nello sviluppo di ambedue le strutture; addirittura, la versione del gene presente negli insetti può sostituire quella dei vertebrati. Come è possibile, allora, che Pax-6, dia origine a strutture tanto diverse in un moscerino e in un essere umano? La risposta sta nel cambiamento dei meccanismi di regolazione genica tra le due specie.

In questo modo l’evo-devo non ha solo scovato omologie dove nessuno se le sarebbe aspettate, ma ha anche dato agli evoluzionisti un nuovo punto di vista su uno dei temi più complessi per la biologia dell’evoluzione: l’origine delle novità, vale a dire di strutture completamente innovative. Se, infatti, strutture differenti non richiedono necessariamente nuovi geni, ma possono derivare da fenomeni di regolazione diversi, allora basta incrementare o diminuire l’espressione di uno o pochi geni chiave per dare origine a strutture completamente nuove. Gli studi di alcune mutazioni, come quelle di insetti con un numero anomalo di ali o appendici (zampe, antenne) o con appendici scambiate tra loro fornisce una conferma a questa ipotesi.

Occhi molto diversi

Gli occhi composti di un insetto (A) e quelli umani (B) pur essendo così diversi hanno in comune molti geni che ne regolano lo sviluppo.

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