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Qual è la struttura del DNA?

Non appena gli scienziati si convinsero che il materiale genetico era il DNA, cominciarono le ricerche per conoscere l’esatta struttura tridimensionale di questa molecola. Si sperava che la conoscenza della struttura del DNA potesse fornire la risposta a due domande: in che modo il DNA si duplica fra una divisione nucleare e l’altra, e come esso dirige la sintesi proteica.

Il contributo di Franklin e Wilkins fu decisivo per la scoperta della struttura del DNA

Per decifrare la struttura del DNA è stato necessario che la raccolta di numerosi dati sperimentali di vario tipo si confrontasse con alcune considerazioni teoriche. La prova decisiva fu ottenuta con la cristallografia ai raggi X, un metodo di indagine utilizzato per stabilire la struttura di macromolecole come acidi nucleici e proteine (▶figura 5). Nei primi anni Cinquanta, la biofisica inglese Rosalind Franklin ebbe l’idea di utilizzare questo metodo per studiare il DNA.

Il suo lavoro fu decisivo: senza i dati da lei ottenuti, i tentativi di descrivere la struttura del DNA sarebbero andati a vuoto. A sua volta, il lavoro della Franklin dipese dal successo ottenuto dal biofisico inglese Maurice Wilkins nel preparare campioni di DNA con fibre orientate in modo estremamente regolare (la regolarità della struttura interna è una prerogativa dei cristalli), e quindi assai più adatti a essere sottoposti a diffrazione. Le cristallografie preparate con questi campioni di DNA dalla Franklin suggerirono che la molecola fosse a forma elicoidale, o a spirale.

Figura
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La cristallografia ai raggi X ha contribuito a rivelare la struttura del DNA

La cristallografia effettuata da Rosalind Franklin (A) ha permesso ai ricercatori di comprendere la struttura elicoidale della molecola di DNA. (B) La posizione degli atomi in una sostanza chimica cristallizzata può essere determinata in base al quadro di diffrazione dei raggi X che l’hanno attraversata. Il quadro del DNA è estremamente regolare e ripetitivo.

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Qual è la struttura del DNA?

La composizione chimica del DNA

Importanti indizi sulla struttura del DNA provenivano anche dalla sua composizione chimica. I biochimici sapevano che il DNA era un polimero di nucleotidi e che ciascun nucleotide era composto da una molecola dello zucchero desossiribosio, da un gruppo fosfato e da una base azotata.
La sola differenza fra i quattro nucleotidi presenti nel DNA risiedeva nelle basi azotate: le purine adenina (A) e guanina (G) e le pirimidine citosina (C) e timina (T).

Nel 1950, il chimico di origine austriaca Erwin Chargaff riscontrò alcune regolarità nella composizione del DNA:

  • La percentuale dei quattro tipi di nucleotidi è sempre la stessa nel DNA di cellule provenienti da tessuti diversi del medesimo individuo.
  • La composizione delle molecole di DNA non è influenzata da fattori esterni o dall’età dell’organismo.
  • Il rapporto tra la percentuale di A e quella di G (le due purine presenti nel DNA) varia da una specie all’altra; ciò suggeriva una relazione con il «significato» del messaggio scritto nella biomolecola.
  • In tutte le specie, la quantità di adenina è uguale alla quantità di timina (A = T) e la quantità di guanina è uguale alla quantità di citosina (G = C); di conseguenza la quantità totale delle purine (A + G) è uguale a quella delle pirimidine (T + C).

Come vedremo, quest’ultima osservazione (▶figura 6) è particolarmente significativa: la struttura del DNA non sarebbe mai stata ricavata senza di essa, anche se per almeno tre anni nessuno ne riconobbe l’importanza.

Figura
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La regola di Chargaff

Nel DNA la quantità totale delle purine è pari a quella delle pirimidine.

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Il modello a doppia elica di Watson e Crick

A rendere più rapida la soluzione del rompicapo della struttura del DNA è stata l’idea di costruire modelli tridimensionali a partire dalle informazioni relative alle dimensioni molecolari e agli angoli di legame.

Questa tecnica, originariamente applicata a studi sulla struttura delle proteine dal biochimico americano Linus Pauling, fu impiegata dal fisico inglese Francis Crick e dal genetista statunitense James D. Watson (▶figura 7A), entrambi attivi a Cambridge in Gran Bretagna.

Watson e Crick si sforzarono di mettere insieme in un unico modello coerente tutto ciò che fino a quel momento era stato appurato circa la struttura del DNA. Possiamo riassumere così le informazioni di cui disponevano i due ricercatori:

  • I risultati della cristallografia (vedi ▶figura 5) mostravano che la molecola di DNA era a forma di elica (una spirale a sviluppo cilindrico).
  • I precedenti tentativi di costruire un modello in accordo con i dati fisici e chimici suggerivano che nella molecola ci fossero due catene polinucleotidiche affiancate che correvano in direzioni opposte, cioè erano antiparallele (▶figura 7B).
  • I risultati di Chargaff suggerivano che le basi azotate fossero legate tra loro in modo ben preciso.

Alla fine del mese di febbraio del 1953, Crick e Watson pubblicarono la loro proposta per la struttura del DNA. Tale struttura spiegava tutte le proprietà note della sostanza e apriva la strada alla comprensione delle sue funzioni biologiche. La struttura pubblicata originariamente ha subito alcuni ritocchi marginali, ma è rimasta invariata nelle sue caratteristiche principali.

Figura 7
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Il DNA è una molecola a doppia elica

(A) Francis Crick (a sinistra) e James Watson (a destra) hanno proposto una struttura a doppia elica per la molecola del DNA. (B) I biochimici possono oggi conoscere la posizione di ciascun atomo in una macromolecola di DNA.

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Qual è la struttura del DNA?

La struttura del DNA

La molecola del DNA è costituita da due catene polinucleotidiche appaiate e avvolte intorno allo stesso asse, in modo da formare una doppia elica. La molecola presenta tre caratteristiche importanti:

  1. le due catene sono complementari e antiparallele;
  2. i legami tra i nucleotidi all’interno di ciascuna catena sono legami covalenti, mentre quelli che uniscono i due filamenti appaiati sono legami a idrogeno;
  3. l’elica ha diametro costante e avvolgimento destrogiro.

Esaminiamo ora in dettaglio le diverse caratteristiche della molecola di DNA.

La struttura delle catene.

Ogni catena o filamento del DNA è formata da una sequenza di nucleotidi uniti mediante legami covalenti tra il gruppo fosfato di un nucleotide e il carbonio in posizione 3' del nucleotide precedente. I legami covalenti si formano per condensazione tra un gruppo ossidrile del desossiribosio e uno del gruppo fosforico. Pertanto, ogni nucleotide della catena forma legami con altri due nucleotidi.

Le due catene sono complementari.

Nella molecola di DNA le due catene sono tenute insieme da legami a idrogeno tra le basi, che sono rivolte verso il centro e si appaiano in modo specifico (▶figura 8); zuccheri e gruppi fosfato invece sono disposti verso l’esterno e formano l’ossatura verticale della molecola, che è sempre costante.

L’appaiamento delle basi azotate dei due filamenti avviene in accordo con la regola di Chargaff: l’adenina (A) si appaia con la timina (T) formando due legami a idrogeno; la guanina (G) si appaia con la citosina (C) formando tre legami a idrogeno. Ciascuna coppia di basi contiene pertanto una purina (A o G) e una pirimidina (T o C); questo schema di appaiamento prende il nome di complementarietà delle basi.

Le due catene sono antiparallele.

Oltre a essere complementari, i due filamenti sono anche antiparalleli, cioè sono orientati in direzioni opposte. Possiamo evidenziare il diverso orientamento delle due catene considerando la disposizione dei gruppi terminali liberi (cioè non legati a un altro nucleotide) all’estremità di ciascuna di esse. Ogni catena presenta a un’estremità, detta estremità 5', un gruppo 5' fosfato (–OPO3) e all’altra estremità, detta estremità 3', un gruppo ossidrile (–OH). In una doppia elica di DNA, l’estremità 5' di un filamento corrisponde all’estremità 3' dell’altro filamento; in altre parole, se per ciascun filamento si traccia una freccia che va da 5' a 3', le due frecce puntano in direzione opposta.

La doppia elica.

La molecola del DNA ha la forma di una doppia elica; possiamo immaginarla come una scala a pioli (▶figura 9) in cui i montanti sono formati da gruppi fosfato e zuccheri alternati e ogni scalino corrisponde a una coppia di basi. Le coppie di basi sono planari (distese orizzontalmente) e al centro della molecola sono stabilizzate da interazioni idrofobiche, che contribuiscono alla stabilità complessiva della doppia elica.

Poiché le coppie AT e GC hanno la stessa lunghezza, e quindi si inseriscono agevolmente fra i due montanti come i pioli di una scala, l’elica ha un diametro costante. Ogni piolo inoltre è ruotato rispetto a quello precedente di circa 36°. L’elica pertanto compie un giro completo ogni 10 coppie di basi. L’elica è destrogira: osservandola dall’alto essa appare avvolgersi in senso orario.

Figura 8
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L’appaiamento delle basi è complementare

Le purine (A e G) si appaiano con le pirimidine (T e C) a formare coppie di basi di uguale lunghezza, simili ai gradini di una scala a pioli. La scala si avvolge su sé stessa a formare una struttura a doppia elica.
Figura 9
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Il DNA assomiglia a una scala

Spesso, per semplicità, la molecola di DNA viene paragonata ad una scala a chiocciola.

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Qual è la struttura del DNA?

La struttura a doppia elica del DNA è fondamentale per la sua funzione

Il materiale genetico svolge quattro importanti funzioni: la struttura del DNA proposta da Watson e Crick spiegava elegantemente le prime tre:

Nel materiale genetico è depositata l’informazione genetica di un organismo.

Le informazioni genetiche sono contenute nella sequenza verticale delle basi azotate che rappresenta la sola parte variabile della molecola di DNA. Con i suoi milioni di nucleotidi, tale sequenza può immagazzinare un’enorme quantità di informazione, ed essere così responsabile delle differenze fra specie e fra individui. Il DNA dunque è perfettamente adatto a questa funzione.

Il materiale genetico va incontro a una duplicazione durante il ciclo cellulare.

La duplicazione del DNA, come vedremo tra poco, può realizzarsi facilmente grazie alla complementarietà delle basi appaiate: ogni filamento, separato da quello complementare, può essere utilizzato come stampo per produrre un nuovo filamento complementare.

Il materiale genetico è soggetto a mutazioni.

Per «mutazione» si intende un cambiamento permanente dell’informazione genetica; nel caso del DNA, una mutazione può semplicemente essere un cambiamento nella sequenza lineare delle coppie di basi.

Il materiale genetico trova espressione nel fenotipo.

Questa funzione non deriva direttamente dalla struttura del DNA; tuttavia, come vedremo più avanti nel corso di questo capitolo, la sequenza nucleotidica del DNA viene copiata in una sequenza di RNA che, a sua volta, viene utilizzata per costruire una sequenza lineare di amminoacidi (cioè la struttura primaria di una proteina). Le proteine poi assumono la propria conformazione e svolgono la loro funzione, determinando buona parte del fenotipo di un organismo.


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