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Il genoma eucariotico è più complesso di quello procariotico

Il grande genetista francese Jacques Monod, uno dei due autori della ricerca sull’operone lattosio, una volta disse: «Ciò che vale per un batterio, vale anche per un elefante». Secondo il suo pensiero, i due organismi, per quanto diversi potessero sembrare, seguivano le stesse leggi genetiche. Le ricerche successive hanno mostrato che Monod non aveva del tutto ragione: sebbene gli eucarioti condividano le stesse basi genetiche dei batteri, per molti aspetti i genomi eucariotici mostrano invece caratteristiche proprie e ben differenti da quelle dei genomi batterici.

Le caratteristiche del genoma eucariotico

Gli organismi eucariotici presentano una varietà di forme molto superiore a quella dei procarioti (i regni degli eucarioti sono quattro: protisti, funghi, piante e animali). Gli studi sul genoma sono stati effettuati in molti organismi partendo dalle forme unicellulari (più semplici da studiare) e arrivando alle forme pluricellulari più complesse. Con il sequenziamento e lo studio dell’espressione dei genomi, e con l’annotazione della funzione delle proteine codificate in tutti i casi studiati, sono emerse molte differenze tra il genoma procariotico e quello eucariotico (▶tabella 1):

In termini di contenuto aploide di DNA, il genoma degli eucarioti è più grande di quello dei procarioti.

Questo non deve sorprendere; quasi tutti gli organismi eucariotici, infatti, sono pluricellulari, contengono cellule specializzate per forma e funzioni e svolgono molteplici attività che richiedono un gran numero di proteine, tutte codificate dal DNA. Inoltre gli organismi pluricellulari devono possedere anche i geni per le proteine che servono a tenere unite le cellule in tessuti, i geni per il differenziamento cellulare e i geni per la comunicazione intercellulare.

Per questo, mentre il DNA di un virus in media contiene circa 10000 coppie di basi (bp) e il DNA di E. coli 4,6 milioni di bp, gli esseri umani possiedono un numero di geni e di sequenze regolatrici ben maggiore: in ogni cellula somatica (cioè diploide) del corpo umano sono stipati circa 6 miliardi di bp (pari a circa 2 m di DNA).

Tuttavia, la quantità di DNA di un organismo non è sempre proporzionale alla sua complessità: per esempio, il giglio (che, rispetto all’uomo, fabbrica un numero di proteine decisamente inferiore) possiede un DNA 18 volte più grande del nostro.

Il genoma degli eucarioti presenta telomeri alle estremità di ciascun cromosoma lineare.

Come abbiamo visto queste sequenze evitano i danni causati dalla perdita di nucleotidi che, a ogni duplicazione, si verifica all’estremità della molecola di DNA.

Nel genoma degli eucarioti sono presenti molte sequenze ripetitive.

Con il termine sequenze ripetitive si intende sequenze presenti in più di una copia; la maggior parte di tali sequenze non viene tradotta in proteine. Ciò significa che il genoma eucariotico contiene sia sequenze codificanti sia sequenze non codificanti, cioè che non vengono trascritte in mRNA. Non è quindi possibile stabilire il numero dei geni in base alle dimensioni del genoma.

Negli eucarioti molti geni che vengono tradotti in proteine sono interrotti.

I geni interrotti contengono sequenze codificanti alternate a sequenze non codificanti; un gene interrotto è sempre più lungo dell’mRNA che produce.

Negli eucarioti la trascrizione e la traduzione avvengono in ambienti separati.

La sintesi dell’mRNA avviene nel nucleo, la sintesi proteica ha luogo nel citoplasma. Inoltre l’mRNA, prima di uscire dal nucleo, subisce un processo chiamato «maturazione», assente nei procarioti. Questa separazione spaziale consente che prima dell’inizio della traduzione vi siano molte occasioni di regolazione: durante la sintesi del trascritto primario (pre-mRNA), durante la sua trasformazione in mRNA maturo e infine durante il suo trasferimento nel citoplasma per la traduzione (▶figura 1).

I genomi eucariotici possiedono più sequenze regolatrici (e più proteine regolatrici che vi si legano) rispetto ai genomi procariotici.

L’enorme complessità degli eucarioti richiede un elevato livello di regolazione, che si manifesta nei numerosi meccanismi di controllo legati all’espressione del genoma eucariotico.

Tabella 1openUn confronto tra genomi procariotici ed eucariotici.
CARATTERISTICA PROCARIOTI EUCARIOTI
dimensioni del genoma (coppie di basi) 104 – 107 108 – 1011
sequenze ripetute poche molte
DNA non codificante all’interno di sequenze codificanti raro comune
separazione spaziale fra trascrizione e traduzione no
DNA segregato in un nucleo no
DNA legato a proteine in parte tutto
promotori
amplificatori/silenziatori rari comuni
presenza di cappuccio e di coda nell’mRNA no
splicing dell’RNA raro comune
numero di cromosomi per genoma uno molti
Figura 1
Figura 1open

La trascrizione e la traduzione avvengono in due compartimenti diversi

L’mRNA eucariotico viene trascritto nel nucleo, ma tradotto nel citoplasma.

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Le sequenze ripetitive dei genomi eucariotici

I genomi degli organismi eucariotici analizzati finora si sono rivelati pieni di sequenze di DNA ripetitive, che non codificano polipeptidi. Possiamo riconoscere tre diverse tipologie di sequenze ripetitive:

  1. Le sequenze altamente ripetitive non vengono trascritte in mRNA maturo; il loro ruolo non è ancora stato chiarito. Comprendono due tipi di sequenze: i minisatelliti e i microsatelliti. I minisatelliti corrispondono a 10-40 coppie di basi che si ripetono fino a diverse migliaia di volte. Dal momento che durante la duplicazione di tali sequenze la DNA polimerasi tende a fare errori, il numero di copie presenti varia da individuo a individuo. Per esempio, in un particolare locus una persona può avere 300 minisatelliti, mentre un’altra ne ha 500. Queste variazioni forniscono una serie di marcatori genetici di tipo molecolare, utilizzabili per identificare individui diversi. I microsatelliti sono invece sequenze estremamente brevi (1-3 bp), che si trovano in piccoli gruppi di 15-100 copie disseminati in tutto il genoma.
  2. Le sequenze moderatamente ripetitive sono veri e propri geni, stabilmente integrati nel genoma, che codificano i tRNA e gli rRNA utilizzati nella sintesi proteica.
  3. I trasposoni, che abbiamo già incontrato nel genoma dei procarioti, sono sequenze moderatamente ripetitive che costituiscono oltre il 40% del genoma umano; esistono diversi tipi di trasposoni. I trasposoni a DNA si spostano in nuove sedi del genoma, senza duplicarsi, con un meccanismo di tipo «taglia e incolla» (▶figura 2). I retrotrasposoni invece si muovono nel genoma con una modalità particolare: eseguono una copia di sé stessi in RNA, che fa da stampo per la sintesi di nuovo DNA; tale DNA poi si inserisce in un altro punto del genoma. Grazie a questo meccanismo «copia e incolla», la sequenza originaria rimane dov’è, mentre la copia si inserisce in una nuova sede. Alcuni trasposoni a RNA vengono trascritti e non tradotti, mentre altri vengono tradotti in proteine.
Figura
                            2
Figura 2open

I trasposoni a DNA

All’estremità di ogni trasposone si trova una sequenza ripetuta invertita che facilita il processo di trasposizione.

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Per conoscere il genoma eucariotico si studiano «organismi modello»

Molto si è appreso sui genomi eucariotici dallo studio di pochi organismi modello: il lievito Saccaromyces cervisiae, il nematode Caenorhabditis elegans, il moscerino della frutta Drosophila melanogaster e la pianta Arabidopsis thaliana.

Il modello di base

I lieviti, come il lievito di birra S. cervisiae, sono eucarioti unicellulari (▶figura A); rispetto ai procarioti, il genoma del lievito di birra è più esteso e complesso: è suddiviso in 16 cromosomi lineari, con un contenuto aploide di circa 12 milioni di bp.

Più di 600 ricercatori provenienti da tutto il mondo hanno collaborato alla mappatura e al sequenziamento del genoma di questo lievito. All’inizio del progetto si conoscevano circa 1000 geni che codificano RNA o proteine. Alla fine il sequenziamento ha rivelato la presenza di 5800 geni. Alcuni di questi geni sono omologhi a geni presenti anche nei procarioti, ma molti altri sono nuovi. Tra questi, alcuni servono per la costruzione degli organuli, altri codificano per gli istoni (le proteine presenti nei cromosomi eucariotici) e per le proteine che controllano la divisione cellulare e la maturazione dell’mRNA.

La comprensione dello sviluppo eucariotico

Caenorhabditis elegans è un nematode (verme cilindrico) della lunghezza di 1 mm che vive nel terreno (▶figura B). È un organismo pluricellulare con un certo grado di complessità e un’organizzazione interna in tessuti e apparati; sopravvive bene anche in laboratorio, dove è diventato l’organismo modello preferito dai biologi dello sviluppo. Il corpo di questo nematode è trasparente, perciò i ricercatori possono tenerlo sotto osservazione per i tre giorni durante i quali l’uovo fecondato si divide e forma un verme adulto, composto da circa 1000 cellule. Nonostante questo basso numero di cellule, l’animale possiede un sistema nervoso, digerisce il cibo, si riproduce sessualmente e invecchia.

Il genoma di C. elegans è otto volte più grande di quello del lievito e possiede un numero di geni codificanti proteine quattro volte maggiore (19099). Circa 3000 geni del nematode possiedono omologhi diretti nel lievito: quelli che provvedono alle funzioni fondamentali della cellula eucariotica; gli altri servirebbero per il differenziamento cellulare, la comunicazione e lo sviluppo.

Un collegamento tra genetica e genomica

Il moscerino della frutta Drosophila melanogaster (▶figura C) è più complesso e ha un numero di cellule 10 volte maggiore di un nematode. Il genoma di drosofila ha tre caratteristiche particolarmente interessanti:

  • sebbene sia più grande, contiene meno geni di quello del nematode;
  • i 13449 geni della drosofila vengono trascritti in 18 941 diversi mRNA: ciò significa che il genoma del moscerino della frutta codifica un numero di proteine superiore a quello dei suoi geni;
  • altri 514 geni codificano RNA che non vengono tradotti in proteine; fra di essi vi sono quelli per tRNA e rRNA, ma anche 123 che codificano piccoli RNA destinati a rimanere nel nucleo.

Questi risultati sono stati essenziali per capire le differenze tra i geni dei procarioti e quelli degli eucarioti.

La genomica delle piante

Le angiosperme o piante con fiore costituiscono un gruppo vasto (oltre 250000 specie), ma poco differenziato dal punto di vista genico. Così i ricercatori come organismo modello hanno potuto scegliere una semplice pianta erbacea, Arabidopsis thaliana (▶figura D), che richiede poche cure e possiede un genoma ridotto (circa 15000 geni diversi).

Molti di questi sono comuni agli animali, ma altri sono relativi alle funzioni tipiche dei vegetali. Il riso (Oryza sativa) è la prima pianta di importanza alimentare di cui sia stata determinata la sequenza genomica.

Gli organismi modello più utilizzati
Gli organismi modello più utilizzatiopen(A) Cellule di Saccharomyces cerevisiae viste al microscopio elettronico a scansione. (B) Alcuni esemplari di Caenorhabditis elegans osservati al microscopio ottico. (C) La Drosophila melanogaster: il moscerino a sinistra è normale, mentre quello a destra è un mutante con quattro ali anziché due. (D) Arabidopsis thaliana appartiene alla famiglia delle crucifere, la stessa dei cavoli e dei broccoli.

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Parassita molecolare o meccanismo genetico?

Che ruolo svolgono le sequenze mobili all’interno della cellula? Non ci sono molte risposte a questa domanda; al momento l’ipotesi più plausibile è che i trasposoni siano parassiti cellulari impegnati unicamente a duplicare se stessi. Queste duplicazioni possono portare all’inserimento di un trasposone in una nuova sede, con conseguenze talvolta importanti. Per esempio, l’inserimento di un trasposone all’interno di un tratto codificante di un gene può dare origine a una mutazione.

Questo fenomeno è responsabile di alcune forme rare di malattie genetiche umane, compresa l’emofilia e la distrofia muscolare. L’emofilia è una patologia causata da una anomalia di un gene situato sul cromosoma sessuale X, ed è caratterizzata da estese emorragie in seguito a una ferita. La distrofia muscolare invece è una malattia caratterizzata da un progressivo indebolimento e dalla perdita di tessuto muscolare, ed è causata da una mutazione sul cromosoma sessuale X.

Se un trasposone non duplica soltanto se stesso, ma anche un gene adiacente, il risultato può essere la duplicazione di un gene. Inoltre, un trasposone può spostare un gene, o una sua parte, in un punto diverso del genoma, scompigliando il materiale genetico e creando nuovi geni. Una cosa è certa: il fenomeno della trasposizione produce un rimescolamento genico nel genoma eucariotico, contribuendo a creare variabilità genetica.


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