Capitolo La crosta terrestre: minerali e rocce

L’origine dei magmi

Il problema dell’origine dei magmi ha un duplice aspetto. Innanzitutto quello riguardante la loro natura chimica, in quanto danno origine a una molteplicità di rocce diverse. Esistono tanti tipi di magmi?

E poi quello riguardante il loro stato fisico di materiale fuso, poiché, anche se esistono all’interno del pianeta parti già allo stato fuso, la maggior parte dei magmi deriva dalla fusione di materiale solido che avviene di volta in volta in settori ristretti più o meno profondi. Ma attraverso quali processi?

Cerchiamo di esaminare separatamente questi due aspetti, anche se il loro stretto collegamento costringerà a richiamarli a vicenda.

6.1 Un solo magma o tanti magmi?

Le frequenze con cui si ritrovano in natura i singoli tipi di rocce ignee non sono simili: tra le rocce intrusive il 95% presentano composizione acida (graniti e granodioriti), mentre tra quelle effusive il 98% sono rocce basiche o neutre (basalti e andesiti). Tale distribuzione non è un caso, ma dipende dalla provenienza del magma.

  • Se la fusione avviene a profondità di oltre 35 km, cioè nel mantello (la cui natura, come vedremo in seguito, è ultrabasica), essa porta alla formazione di un magma primario di composizione prossima a quella del basalto (figura ►23). Ad alta temperatura (la temperatura di fusione per le rocce del mantello è 1200-1400 °C), il magma è molto fluido, tanto da poter risalire fino in superficie prima di cristallizzarsi e dare origine a gran parte delle rocce effusive.
  • Se la fusione avviene a minori profondità, all’interno della crosta continentale, essa porta alla formazione di magma anatettico. Questi fusi acidi si formano attraverso il processo di anatessi, cioè per la fusione della crosta continentale alla profondità di qualche decina di km. In queste zone la temperatura raggiunge valori abbastanza elevati (tra i 600 e i 700 °C) da provocare, almeno in certe condizioni, la fusione dei minerali sialici, ampiamente presenti in questo tipo di crosta. Se la fusione non è completa e il miscuglio fluido-solido si raffredda, la parte fluida torna a cristallizzarsi e si formano tipiche rocce, denominate migmatiti (figura ►24A). Se, invece, prosegue la fusione per aumento della temperatura, si completa il processo di anatessi e si forma un nuovo magma, che dà origine a una roccia magmatica intrusiva, del tutto simile alle rocce granitiche (figura ►24B).

    I magmi anatettici hanno elevata viscosità, poiché sono costituiti da una porzione fusa che avvolge e permea molti residui ancora solidi, costituiti da minerali a più alto punto di fusione. Essi si muovono perciò con notevole difficoltà, non risalgono molto entro la crosta e tendono a cristallizzarsi in profondità, formando batoliti granitici. Qualunque tipo di roccia, sedimentaria o ignea, trasportato abbastanza in profondità da movimenti entro la crosta, finisce per subire in qualche grado tale processo di fusione e i suoi elementi vengono «riciclati» come magma anatettico.

Sottolineiamo ancora la differente viscosità dei magmi, che ne influenza la mobilità. A parità di altre condizioni (temperatura, pressione), i magmi acidi sono molto più viscosi di quelli basici. A titolo di esempio, le lave riolitiche hanno una viscosità 10000 volte maggiore di quella delle lave basaltiche e ben un milione di volte maggiore della viscosità dell’olio lubrificante per macchine.

In definitiva, mentre i magmi basici, che nelle eruzioni danno origine ai basalti, risalgono fino in superficie da zone molto profonde e sono una specie di «distillato» del mantello, i magmi acidi, che danno origine a rocce simili ai graniti e alle granodioriti (o alle corrispondenti rocce effusive: rioliti e andesiti) rappresentano una rielaborazione locale delle rocce della crosta continentale.

In realtà questo schema dell’origine dei due tipi fondamentali di magmi si complica nell’evoluzione dei fusi verso la cristallizzazione. Un magma basico, per esempio, può risalire direttamente dal mantello attraverso fessure profonde fino a espandersi come lava sul fondo degli oceani o nel cuore di un continente, dando origine ai basalti. Può anche succedere però che una massa limitata dello stesso magma basico risalga per tappe successive; in questo caso il fuso comincia a frazionarsi, cioè cambia composizione nel tempo e dà origine a magmi diversi. Esperimenti di laboratorio hanno dimostrato che, attraverso questi meccanismi di differenziazione, da un magma in origine basico si può ottenere una roccia a composizione dioritica o addirittura granitica, cioè neutra o acida.

Questo processo, sicuramente attivo e i cui prodotti sono stati osservati in natura, non può spiegare il grande volume degli ammassi granitici presenti nella crosta terrestre, poiché, durante il succedersi degli stadi di differenziazione, si perdono grandi quantità di fuso. Per produrre il granito oggi esistente, sarebbe stato necessario un volume iniziale di magma basico pari almeno a 10 volte le dimensioni di ogni intrusione granitica. Una simile abbondanza implicherebbe anche la cristalizzazione di enormi quantità di fusi basici e neutri al di sotto delle intrusioni granitiche, ma i geologi non sono riusciti a trovare nessuna traccia di una quantità così grande di rocce intrusive basiche (come i gabbri).

Risulta, quindi, fondamentale il processo di anatessi, anche perché i magmi anatettici possono presentare in realtà una gamma sfumata di composizioni, come si osserva nelle rocce cui danno origine. Questo dipende soprattutto dalla grande eterogeneità della crosta continentale dalla cui fusione si originano i magmi, e dalla temperatura a cui è avvenuta la fusione; più alta è la temperatura, più ricco diventa il magma in componenti femici, che sono i più restii a fondere.

In definitiva, le variazioni nella composizione chimica dei magmi si possono ricondurre a fusione di rocce originarie di vario tipo.

  • La fusione parziale di rocce presenti nella parte superiore del mantello produrrebbe magmi basici, in grado di dare origine ai basalti.
  • La fusione di rocce sedimentarie, ignee o metamorfiche della crosta continentale produrrebbe magmi acidi, in grado di dare origine a rocce di tipo granitico.

In ogni caso, i processi di differenziazione che si arrestano a stadi diversi, il mescolamento tra magmi differenti, o anche la «contaminazione» tra magmi del mantello e materiale della crosta che essi attraversano nella loro risalita possono portare a rocce di composizione intermedia.

Figura 23. Il <em>Piton de la Fournaise</em>, sull’isola della Réunion, nell’Oceano Indiano.
Figura 23. Il Piton de la Fournaise, sull’isola della Réunion, nell’Oceano Indiano.openIl magma che alimenta questo grande vulcano risale direttamente da grandi profondità (da circa 100 km, nel mantello superiore). Il magma, di natura basaltica, è molto fluido e produce edifici vulcanici «a scudo», molto espansi e relativamente poco elevati. L’attività può persistere per tempi lunghissimi, alimentando diverse bocche. (B. Rieger/Hemis/Corbis)
Figura 24. Due tipici esempi del processo di anatessi.
Figura 24. Due tipici esempi del processo di anatessi.openA. Stadio iniziale di formazione di una migmatite. Il fluido di nuova formazione ha cominciato ad avvolgere brandelli di rocce ancora solide (di colore scuro), ma il processo si è arrestato e il risultato è una roccia massiva, simile a una breccia (Val Malenco, Sondrio).
B. Stadio avanzatissimo di anatessi. La roccia originaria, già arrivata al grado più elevato di metamorfismo, è rifusa totalmente. Il nuovo magma, cristallizzando, ha dato origine a un ammasso di aspetto granitico, formato da quarzo, ortoclasio, plagioclasio (tutti di colore chiaro) e mica biotite (di colore scuro) (x1/2; Novate Mezzola, Sondrio).
(Da Mottana A., Crespi R. Liborio G., Minerali e rocce, 1981)

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