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Che cosa sono le mutazioni?

Tutti i processi che abbiamo descritto producono proteine capaci di svolgere la loro funzione soltanto se la loro sequenza amminoacidica è quella corretta; in caso contrario si possono generare disfunzioni cellulari. Le principali fonti di errore nella sequenza degli amminoacidi sono i cambiamenti del DNA, cioè le mutazioni. Nei capitoli precedenti abbiamo descritto le mutazioni come cambiamenti ereditari del patrimonio genetico e abbiamo visto che i nuovi alleli da esse prodotti possono dare origine a fenotipi alterati (per esempio, drosofile a occhi bianchi anziché rossi). Ora che abbiamo imparato la natura chimica dei geni e il modo in cui si esprimono nel fenotipo, torneremo sul concetto di mutazione per una definizione più specifica.

Le mutazioni non sono sempre ereditarie

In qualsiasi cellula che va incontro al proprio ciclo cellulare possono verificarsi errori di duplicazione del DNA, che saranno trasmessi alle cellule figlie. Negli organismi pluricellulari si riconoscono due tipi di mutazioni:

  1. Le mutazioni somatiche sono quelle che si verificano nelle cellule del soma (organismo). In seguito alla mitosi tali mutazioni si trasmettono alle cellule figlie e da queste alla loro discendenza, ma non vengono ereditate dalla prole generata per riproduzione sessuata. Per esempio, una mutazione in una singola cellula epiteliale umana può produrre una chiazza cutanea, che però non verrà trasmessa ai figli.
  2. Le mutazioni nella linea germinale sono quelle che si verificano nelle cellule germinali, ovvero le cellule specializzate nella produzione dei gameti. In seguito alla fecondazione, un gamete contenente una mutazione la trasmette al nuovo organismo.

Alcune mutazioni producono il fenotipo ad esse corrispondente soltanto in certe condizioni restrittive, mentre in condizioni permissive non sono riconoscibili. Questi fenotipi prendono il nome di mutanti condizionali. Molti mutanti condizionali sono sensibili alla temperatura, cioè manifestano il fenotipo modificato soltanto a certe temperature (▶figura 14). È possibile che in un organismo di questo tipo l’allele mutante codifichi per un enzima con una struttura terziaria instabile, soggetta ad alterazioni a una temperatura restrittiva.

Figura 14
Figura 14open

L’ambiente influenza l’espressione genica

Il genotipo di questo coniglio codifica per la colorazione scura del pelo, ma il relativo enzima risulta inattivo in condizioni di normale temperatura corporea: di conseguenza, soltanto le estremità (ovvero le regioni più fredde del corpo) esprimono tale fenotipo.

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Che cosa sono le mutazioni?

A livello molecolare, le mutazioni si distinguono in tre grandi gruppi

Le mutazioni sono sempre cambiamenti nella sequenza nucleotidica del DNA; a livello molecolare, tuttavia, le possiamo suddividere in tre categorie: puntiformi, cromosomiche e genomiche.

  1. Le mutazioni puntiformi sono mutazioni di una singola coppia di basi e quindi riguardano un solo gene: un allele (di solito dominante) si trasforma in un altro allele (di solito recessivo) a causa di un’alterazione (perdita, aggiunta o sostituzione) di un solo nucleotide, che dopo la duplicazione del DNA diventerà una coppia di basi mutante.
  2. Le mutazioni cromosomiche sono alterazioni più estese e riguardano un segmento di DNA, che può subire un cambiamento di posizione o di orientamento, senza una perdita effettiva di informazione genetica, oppure può essere irreversibilmente eliminato o duplicato.
  3. Le mutazioni genomiche (o mutazioni del cariotipo) riguardano il numero dei cromosomi presenti in un individuo, che possono essere in più o in meno rispetto alla norma.

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Che cosa sono le mutazioni?

Le mutazioni puntiformi cambiano un singolo nucleotide

Le mutazioni puntiformi sono il risultato dell’aggiunta o della perdita di una base del DNA, oppure della sostituzione di una base nucleotidica con un’altra. Si possono produrre in seguito a un errore nella duplicazione del DNA sfuggito al processo di correzione di bozze oppure a causa di agenti mutageni ambientali, come le radiazioni e certe sostanze chimiche.

Come vedremo, le mutazioni puntiformi del DNA producono sempre un cambiamento nella sequenza dell’mRNA, ma non sempre hanno effetti sul fenotipo.

Le mutazioni silenti.

Per effetto della degenerazione del codice genetico, alcune sostituzioni di base non producono alcun cambiamento della sequenza amminoacidica prodotta per traduzione dell’mRNA alterato (▶figura 15). Per esempio, la prolina è codificata da quattro codoni: CCA, CCC, CCU, CCG (vedi ▶figura 6). Se nel filamento stampo del DNA avviene una mutazione nell’ultima base della tripletta GGC, il codone di mRNA corrispondente non sarà più CCG ma a livello di ribosoma, a questo codone si legherà comunque un tRNA caricato con prolina.

Le mutazioni silenti sono piuttosto frequenti e stanno alla base della variabilità genetica che non trova espressione in differenze fenotipiche.

Le mutazioni di senso.

Diversamente dalle mutazioni silenti, alcune sostituzioni di base modificano il messaggio genetico in modo tale che nella proteina troviamo un amminoacido al posto di un altro (▶figura 16).

Un esempio particolare di mutazione di senso riguarda l’allele responsabile di un tipo di anemia, l’anemia falciforme, dovuto a un difetto nell’emoglobina, la proteina dei globuli rossi che serve a trasportare l’ossigeno. L’allele falciforme del gene che codifica una subunità dell’emoglobina differisce dall’allele normale per una sola base, perciò codifica un polipeptide che ha un solo amminoacido diverso dalla proteina normale. Gli individui omozigoti per questo allele recessivo presentano globuli rossi alterati, che assumono una caratteristica forma a falce e producono un’anomalia nella circolazione sanguigna, con conseguenze gravi per la salute (▶figura 17).

Una mutazione di senso può anche comportare la perdita di funzionalità di una proteina, ma più spesso si limita a ridurne l’efficienza. Pertanto le mutazioni di senso possono essere compatibili con la sopravvivenza degli individui portatori, anche nel caso che la proteina colpita sia di importanza vitale. Nel corso dell’evoluzione, alcune mutazioni di senso possono perfino accrescere l’efficienza di una funzione.

Le mutazioni non senso.

Queste mutazioni costituiscono un altro tipo di sostituzione di base e spesso hanno un effetto più distruttivo delle mutazioni di senso. In una mutazione non senso, la sostituzione della base fa sì che nell’mRNA risultante si formi un codone di stop, come per esempio UAG.

Una mutazione non senso, interrompendo la traduzione nel punto in cui si è verificata, porta alla sintesi di una proteina più breve del normale, che normalmente non è attiva (▶figura 18).

Le mutazioni per scorrimento della finestra di lettura (frame-shift mutation).

Non tutte le mutazioni puntiformi sono riconducibili alla sostituzione di una base con un’altra. Talvolta esse riguardano singole coppie di basi che si inseriscono nel DNA o ne vengono rimosse. Queste mutazioni prendono il nome di mutazioni per scorrimento della finestra di lettura e mandano fuori registro il messaggio genetico, alterandone la decodificazione.

Rifletti un po’: la traduzione procede codone per codone e i codoni sono parole di tre lettere, ciascuna corrispondente a un preciso amminoacido. Se all’mRNA si aggiunge o si toglie una base, la traduzione va avanti senza problemi fino al punto di inserimento o sottrazione della base; da quel punto in poi, le parole di tre lettere del messaggio genetico risultano tutte scalate di una lettera. In altri termini, le mutazioni di questo tipo fanno scorrere di un posto la «finestra di lettura» del messaggio. Quasi sempre questo tipo di mutazioni porta alla produzione di proteine non attive (▶figura 19).

Figura 15
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Un esempio di mutazione silente

Il risultato è che la sequenza amminoacidica non subisce alcun cambiamento.
Figura 16
Figura 16open

Un esempio di mutazione di senso

Il risultato è che l’amminoacido in posizione 5 non è più lo stesso: l’asparagina è stata sostituita dalla valina.
Figura 17
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Globuli rossi patologici e normali

La malformazione del globulo rosso a sinistra è dovuta a una mutazione di senso che porta all’incorporazione di un amminoacido sbagliato nella catena dell’emoglobina.
Figura 18
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Un esempio di mutazione non senso

Il risultato è che la traduzione si arresta dopo il primo amminoacido e la proteina non viene sintetizzata.
Figura 19
Figura 19open

Un esempio di mutazione per scorrimento della finestra di lettura

Il risultato è che tutti gli amminoacidi a valle del punto di inserimento risultano cambiati.

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Che cosa sono le mutazioni?

Le mutazioni cromosomiche sono grossi riarrangiamenti del materiale genetico

L’intera molecola del DNA si può spezzare e ricongiungere, alterando totalmente la sequenza dell’informazione genetica. Tali mutazioni cromosomiche, in genere prodotte da agenti mutageni o da grossolani errori nella duplicazione dei cromosomi, possono essere di quattro tipi:

  1. Una delezione rimuove parte del materiale genetico (▶figura 20A). Le sue conseguenze possono essere gravi come quelle delle mutazioni per scorrimento della finestra di lettura, a meno che non riguardi geni non indispensabili o sia mascherata dalla presenza, nella stessa cellula, di alleli normali dei geni andati persi. È facile immaginare un meccanismo capace di produrre una delezione: una molecola di DNA si spezza in due punti e le due porzioni estreme si ricongiungono lasciando fuori il segmento di DNA intermedio.
  2. Una duplicazione si può verificare in contemporanea con una delezione (▶figura 20B). Se i cromosomi omologhi si rompono in due punti diversi e poi ciascuno si va ad attaccare al pezzo dell’altro, si ha insieme una delezione e una duplicazione: uno dei due cromosomi sarà privo di un segmento di DNA (delezione), mentre l’altro ne conterrà due copie (duplicazione).
  3. Anche un’inversione può essere il risultato della rottura di un cromosoma, seguita da un ricongiungimento errato. Un segmento di DNA può staccarsi e reinserirsi nello stesso punto del cromosoma, ma «girato al contrario» (▶figura 20C). Se il punto di rottura contiene parte di un segmento di DNA che codifica una proteina, la proteina risultante sarà profondamente alterata e quasi certamente non funzionante.
  4. Si ha una traslocazione quando un segmento di DNA si distacca dal proprio cromosoma e va a inserirsi in un cromosoma diverso. Al pari delle mutazioni concernenti una duplicazione e una delezione, le traslocazioni possono essere reciproche, come nella ▶figura 20D, o non reciproche. Spesso le traslocazioni portano a una duplicazione o a una delezione e, qualora alla meiosi ostacolino il normale appaiamento dei cromosomi, possono provocare sterilità.
Figura
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Le mutazioni cromosomiche

I cromosomi possono rompersi durante la duplicazione; le porzioni dei cromosomi possono poi riunirsi in modo scorretto.

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Che cosa sono le mutazioni?

Le mutazioni genomiche causano alcune malattie umane

Le mutazione genomiche o cariotipiche si verificano quando un organismo presenta dei cromosomi in più o in meno rispetto al normale. Se sono presenti interi corredi cromosomici in più o in meno si parla di euploidia aberrante; se invece è solo una parte del corredo cromosomico a essere in eccesso o in difetto, l’anomalia è chiamata aneuploidia.

Negli organismi diploidi, compresi gli esseri umani, le forme di aneuploidia più frequenti sono la mancanza di un cromosoma da una coppia di omologhi (monosomia) oppure la presenza di un cromosoma in più in una coppia (trisomia). Più raro è il caso di perdita di una coppia intera.

Il caso più frequente è la trisomia 21, chiamata sindrome di Down (▶figura 21). Questa alterazione cromosomica comporta effetti variabili comprendenti un ritardo dello sviluppo più o meno accentuato, bassa statura, problemi cardiaci e respiratori. La trisomia 21 può derivare da due cause distinte: una non-disgiunzione meiotica, oppure una traslocazione di gran parte del cromosoma 21, di solito sul cromosoma 14. Sono note altre due trisomie, la sindrome di Patau (trisomia 13) e la sindrome di Edwards (trisomia 18). In ambedue i casi, quasi nessuno dei pochi bambini che nascono supera i primi mesi di vita.

Più frequenti sono le alterazioni legate ai cromosomi sessuali, tra cui la delezione di un intero cromosoma X causa della sindrome di Turner, con nascita di femmine X0 che di norma non maturano sessualmente e che spesso mostrano malformazioni allo scheletro o agli organi interni. La corrispondente sindrome di Klinefelter deriva invece da una non-disgiunzione e porta alla nascita di maschi XXY. Il quadro di questa alterazione è meno grave, anche se a volte comporta un ritardo mentale variabile, e colpisce lo sviluppo sessuale durante l’adolescenza.

Figura                         21
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Un bambino con sindrome di Down

Spesso questi bambini manifestano un ritardo nello sviluppo, per esempio iniziano a camminare più tardi, ma possono essere aiutati con successo nell’apprendimento anche grazie all’estrema socievolezza che li contraddistingue.


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Che cosa sono le mutazioni?

Le mutazioni sono spontanee o indotte

Le mutazioni possono essere classificate anche in base alla causa che le ha provocate:

  1. Le mutazioni spontanee sono cambiamenti permanenti del materiale genetico che si verificano senza l’intervento di una causa esterna. In altre parole, sono una conseguenza dell’imperfezione dei dispositivi cellulari.
  2. Le mutazioni indotte si verificano in seguito a un cambiamento permanente del DNA provocato da un fattore esterno alla cellula, detto agente mutageno.

I meccanismi che producono una mutazione spontanea sono svariati:

Le quattro basi nucleotidiche del DNA sono parzialmente instabili.

Per ogni base possono esistere due forme diverse, una frequente e una rara. Una base che abbia temporaneamente assunto la sua forma rara può appaiarsi alla base sbagliata. Per esempio, normalmente C si appaia con G ma, se al momento della duplicazione del DNA si trova nella forma rara, si accoppia con A (e la DNA polimerasi inserirà la base A). Il risultato è una mutazione puntiforme da G ad A (▶figura 22).

Le basi possono cambiare in seguito a una reazione chimica.

Per esempio, la perdita di un gruppo amminico (una reazione chiamata deamminazione) trasforma la citosina in uracile. Alla duplicazione del DNA, di fronte a quella che era una C, la DNA polimerasi inserirà una A (per complementarietà con U), anziché una G.

La DNA polimerasi può compiere errori di duplicazione.

Per esempio, può inserire una T di fronte a una G; generalmente questi errori vengono riparati dal complesso di duplicazione in fase di correzione di bozze, ma alcuni sfuggono a questa funzione e diventano permanenti.

Il meccanismo della meiosi non è perfetto.

Si può verificare una non-disgiunzione (la mancata separazione degli omologhi durante la meiosi), che porta all’aneuploidia (uno o più cromosomi in più o in meno, vedi capitolo B1). Eventi casuali di rottura e successiva ricongiunzione dei cromosomi producono delezioni, duplicazioni e inversioni o traslocazioni.

Anche le mutazioni indotte da agenti mutageni presentano vari meccanismi di alterazione del DNA; per esempio, alcune sostanze chimiche sono in grado di modificare le basi nucleotidiche, convertendo una base in un’altra. Altre sostanze, come quelle contenute nel fumo di sigaretta, danneggiano le basi, che vengono così eliminate e sostituite dalla DNA polimerasi con una base a caso. Le radiazioni (come i raggi X o i raggi UV) possono danneggiare il DNA, alterando la struttura delle basi o addirittura causando la rottura della molecola.

Le mutazioni comportano costi e benefici. I costi sono evidenti, dato che spesso producono organismi meno idonei all’ambiente; inoltre, le mutazioni somatiche possono portare al cancro. è anche vero che le mutazioni della linea germinale sono fondamentali per la vita, in quanto forniscono la variabilità genetica su cui agiscono le forze dell’evoluzione.

Figura 22
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Mutazioni spontanee e indotte

(A) Tutte le basi azotate del DNA esistono sia in una forma frequente che in una rara. Quando una base passa spontaneamente alla forma rara, essa può appaiarsi con una base diversa. (B) Le sostanze chimiche mutagene, come l’acido nitroso, possono indurre cambiamenti nelle basi. (C) Sia nelle mutazioni spontanee sia in quelle indotte, il risultato è un cambiamento permanente della sequenza di DNA in seguito alla duplicazione.

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Che cosa sono le mutazioni?

Le mutazioni sono la materia prima dell’evoluzione

Senza mutazioni non ci sarebbe evoluzione. Come vedremo più avanti, le mutazioni non sono la forza trainante dell’evoluzione, però ne costituiscono il presupposto, perché forniscono la variabilità genetica su cui agiscono la selezione naturale e gli altri agenti dell’evoluzione.

Tutte le mutazioni sono eventi rari; la loro frequenza tuttavia varia da organismo a organismo e da gene a gene di uno stesso organismo. Di solito la frequenza di mutazione è di molto inferiore a una mutazione ogni 104 coppie di basi del DNA per duplicazione, e può scendere fino a una mutazione ogni 109 coppie di basi per duplicazione. Nella maggioranza dei casi si tratta di mutazioni puntiformi che comportano la sostituzione di un singolo nucleotide durante la sintesi di un nuovo filamento di DNA.

Le mutazioni possono nuocere all’organismo, oppure essere neutre (cioè non influire sulla sua capacità di sopravvivere e riprodursi). Di tanto in tanto possono anche migliorare la capacità di adattamento all’ambiente, o diventare vantaggiose al mutare delle condizioni ambientali.

In generale, fra le creature viventi che popolano la Terra, quelle complesse hanno più geni di quelle semplici. Gli esseri umani, per esempio, possiedono 20 volte più geni dei procarioti. Da dove provengono i nuovi geni? Attraverso il meccanismo della duplicazione è possibile che un intero gene si duplichi e che il portatore di questa mutazione si venga a trovare in possesso di un’eccedenza di informazione genetica che potrebbe tornargli utile in seguito. Infatti, eventuali mutazioni in una delle due copie del gene non avrebbero effetti sfavorevoli per la sopravvivenza, dato che l’altra copia continuerebbe a produrre una proteina funzionante. Il gene soprannumerario potrebbe continuare ad accumulare mutazioni senza effetti negativi, perché la sua funzione originaria verrebbe svolta dall’altra copia.

Se questo accumulo casuale di mutazioni sul gene in più portasse alla produzione di una proteina utile, la selezione naturale manterrebbe in vita questo nuovo gene. Un altro meccanismo di insorgenza di nuove copie di un gene sono gli elementi trasponibili, che tratteremo nel prossimo capitolo.


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Che cosa sono le mutazioni?

Storia della scienza

La scoperta delle mutazioni

L’idea che talvolta possano nascere organismi con uno o più caratteri del tutto diversi da quelli dei genitori (ovvero delle mutazioni) è vecchia quanto la storia umana; tuttavia, solo in epoche recenti si è cercato di dare una spiegazione scientifica a questo fatto.

Per Darwin sarebbe stato utile potere spiegare da dove proviene la straordinaria varietà che mostrano le specie viventi; egli però non aveva gli strumenti per elaborare una teoria genetica accettabile. Proprio per questo motivo, per spiegare le mutazioni egli accettò, almeno in parte, fattori come l’abitudine e l’influenza dell’ambiente, che di solito vengono associati al nome di Lamarck.

La mancanza di una base genetica per la varietà delle specie fu la ragione per cui molti tra i primi genetisti rifiutarono la teoria dell’evoluzione. Hugo De Vries (1848-1935), uno dei riscopritori del lavoro di Mendel, propose nel 1901 che l’origine di nuovi alleli dipendesse da un cambiamento improvviso e discontinuo del gene, che chiamò, appunto, mutazione. In realtà i casi studiati da De Vries risultarono dovuti non a mutazioni, ma a riarrangiamenti dei cromosomi; ciononostante il concetto di mutazione genetica entrò nel pensiero scientifico grazie a lui.

Una definizione più corretta fu data, pochi anni dopo, da un collega di De Vries, il microbiologo e botanico Martinus Beijerinck. Egli, tuttavia, lavorava sui batteri, e sulla genetica di questi organismi si sapeva molto poco. Molti microbiologi erano inclini a credere che i batteri potessero plasmare il proprio fenotipo sulla base delle esigenze ambientali e, forse, di un ciclo biologico interno. Per arrivare a fondare una genetica dei batteri occorrerà attendere il lavoro di Salvador E. Luria e Max Delbrück, negli anni Quaranta.

I primi studi sulle mutazioni sfruttarono invece un altro organismo modello, il moscerino della frutta Drosophila melanogaster. Attorno al 1915, Thomas Hunt Morgan (▶figura) e i suoi collaboratori avevano individuato poco meno di un centinaio di caratteri mutanti, che non si trovavano in natura ma che potevano essere isolati in laboratorio. Si trattava di aspetti che riguardavano le dimensioni delle ali, il colore del corpo, il colore e le dimensioni degli occhi. Morgan riteneva, sulla scia delle idee esposte da De Vries, che gli individui mutanti derivassero da un cambiamento raro e spontaneo a carico di un determinato gene.

Nel 1927 Hermann J. Muller, che lavorava con Morgan, dimostrò che irradiando le drosofile con raggi X si aumentava enormemente la frequenza di mutazione dei geni. Inoltre, Muller fu in grado di dimostrare che esisteva una proporzionalità diretta tra la dose di raggi X e il numero di mutazioni. Egli ne dedusse che le mutazioni si verificavano a carico di entità ben precise, confermando in modo indiretto l’esistenza dei geni.

Nelle idee di Muller il gene era un’unità di mutazione, e questa fu la definizione data dai genetisti negli anni seguenti. Nel 1941 George Beadle ed Edward Tatum pubblicarono i risultati delle loro ricerche sulla muffa del pane (N. crassa) proponendo la teoria «un gene – un enzima» e fornendo un contributo fondamentale alla comprensione del significato funzionale delle mutazioni.

Infine, nel 1953, Watson e Crick proposero il modello a doppia elica; a questo punto divenne evidente che una mutazione può consistere nel cambiamento di una singola base del DNA. L’unità di mutazione, quindi è la singola coppia di basi del DNA e non l’intero gene.

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Le drosofile di Morgan

Thomas H.Morgan (1866-1945), genetista statunitense, fu insignito del premio Nobel nel 1933 per i suoi studi sui mutanti di Drosophila melanogaster.

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