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I fattori che modificano la stabilità genetica di una popolazione

I processi evolutivi traggono origine da fattori capaci di alterare la stabilità genetica di una popolazione, modificandone il pool genico. I principali fattori evolutivi che conosciamo, oltre alla selezione naturale, sono le mutazioni, il flusso genico, la deriva genetica e l’accoppiamento non casuale. Come vedremo, tutti questi fattori sono importanti per determinare la variabilità degli individui che è la premessa indispensabile per l’evoluzione.

Le mutazioni generano nuovi alleli e la riproduzione sessuata li ricombina

L’origine della variabilità genetica è la mutazione. Come abbiamo visto nel ▶capitolo B4, una mutazione è qualsiasi cambiamento nel DNA di un organismo. Le mutazioni naturali possono avere cause diverse, ma hanno una caratteristica in comune: sono casuali rispetto ai bisogni adattativi dell’organismo. In genere le mutazioni sono dannose o ininfluenti per chi le porta ma, se le condizioni ambientali cambiano, i nuovi alleli possono rivelarsi vantaggiosi.

In natura le mutazioni si verificano con una frequenza molto bassa. Una mutazione per generazione per locus ogni mille zigoti è un tasso già molto alto; più comune è una mutazione ogni milione di zigoti. In ogni modo, si tratta di tassi sufficienti a creare una variabilità genetica considerevole, perché si applicano a moltissimi geni contemporaneamente e perché spesso le popolazioni sono composte da un gran numero di individui. Per esempio, se a ogni generazione si verificasse una mutazione puntiforme (inserzione, delezione o sostituzione di una singola base) con la probabilità di 10–9 per coppia di basi, in ciascun gamete umano, il cui DNA contiene 3 x 109 coppie di basi, avverrebbero in media tre nuove mutazioni puntiformi (3 x 109 x 10–9 = 3). Quindi ogni zigote sarebbe portatore, in media, di sei nuove mutazioni. A ogni generazione la popolazione umana, che oggi conta circa 6,5 miliardi di persone, acquisterebbe circa 40 miliardi di nuove mutazioni.

Se è vero che le mutazioni introducono nuovi alleli in una popolazione, è difficile che possano consentirne la diffusione. Almeno per gli eucarioti, questo è piuttosto l’esito dei fenomeni legati alla meiosi e alla riproduzione sessuata. Questi processi non generano di per sé nuovi alleli, ma favoriscono la ricombinazione (▶figura 11), vale a dire la formazione di nuove associazioni tra gli alleli esistenti. Per quanto possa sembrare sorprendente, questo «rimescolare le carte» è spesso più proficuo, in termini evolutivi, di quanto non sia la comparsa di nuovi alleli.

Figura 11
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La ricombinazione sessuale

Nuove combinazioni di alleli sono dovute alla riproduzione per via sessuata.

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Il flusso genico può cambiare le frequenze alleliche

È raro che una popolazione sia completamente isolata da altre popolazioni della stessa specie. Più spesso si assiste alla migrazione di individui o allo spostamento di gameti da una popolazione all’altra, due fenomeni che insieme costituiscono il flusso genico. Gli individui o i gameti introdottisi nel nuovo ambiente possono apportare al pool genico della popolazione alleli nuovi. Anche se questo non accade, se le due popolazioni hanno frequenze alleliche diverse il flusso può comportare un cambiamento delle frequenze nella popolazione originaria.

Perché una popolazione si trovi all’equilibrio di Hardy-Weinberg, non deve quindi esserci un afflusso di geni da popolazioni con frequenze alleliche diverse.


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I fattori che modificano la stabilità genetica di una popolazione

Nelle popolazioni poco numerose la deriva genetica può produrre grandi cambiamenti

Nelle popolazioni di piccole dimensioni la deriva genetica, ossia la riduzione casuale della frequenza di un allele, può provocare forti alterazioni nelle frequenze alleliche delle generazioni successive. Può anche accadere che alleli vantaggiosi vadano perduti perché rari, con conseguente aumento della frequenza di alleli nocivi.

La deriva genetica fu proposta negli anni Venti del Novecento da Sewell Wright. La sua idea faticò ad affermarsi, perché non sembrava coerente con la teoria della selezione naturale. Gli studi condotti negli anni successivi hanno mostrato senza ombra di dubbio che la deriva è un fenomeno reale e che, in certi casi, può risultare decisiva per determinare le caratteristiche genetiche di una popolazione.

Come esempio, supponiamo di far accoppiare dei moscerini della frutta eterozigoti. L’incrocio Aa x Aa produce una generazione F1 nella quale p = q = 0,5 e le frequenze genotipiche sono 0,25 per AA, 0,50 per Aa e 0,25 per aa. Se al momento di produrre la generazione F2 scegliamo a caso 4 individui (che corrispondono a 8 copie del gene) della generazione F1, può capitare che in questa piccola popolazione campione le frequenze alleliche siano diverse da p = q = 0,5. Per esempio, se casualmente abbiamo estratto 2 omozigoti AA e 2 eterozigoti (Aa), le frequenze alleliche del campione saranno p = 0,75 (6 su 8) e q = 0,25 (2 su 8). Ripetendo 1000 volte l’esperimento di campionamento, si otterranno 1000 popolazioni campione delle quali circa 8 risulteranno completamente prive di uno dei due alleli.

Consideriamo ora due esempi di deriva genetica: l’effetto collo di bottiglia e l’effetto del fondatore.


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L’effetto collo di bottiglia si verifica quando una popolazione subisce ingenti perdite

È possibile che popolazioni solitamente numerose di tanto in tanto attraversino periodi difficili, nei quali sopravvive soltanto un piccolo numero di individui. Durante queste fasi di contrazione numerica della popolazione, note come colli di bottiglia, la deriva genetica può portare a una riduzione della variabilità genetica.

Il meccanismo è illustrato nella ▶figura 12A, nella quale i fagioli rossi e gialli rappresentano i due diversi alleli di un gene. Nel piccolo campione prelevato dalla popolazione iniziale, per puro caso la maggior parte dei fagioli è rossa, così nella popolazione «sopravvissuta» la frequenza dei fagioli rossi è molto più alta che nella popolazione originale. Parlando di una popolazione reale, si potrebbe dire che le frequenze alleliche sono andate alla «deriva».

È probabile che una popolazione costretta a passare attraverso un collo di bottiglia perda gran parte della propria variabilità genetica. Un esempio di collo di bottiglia è offerto dai ghepardi (Acinonyx jubatus; ▶figura 12B). Durante l’ultima era glaciale, questa specie arrivò molto vicina all’estinzione e ne sopravvissero probabilmente poche unità. Questo ha fatto sì che la varietà genetica tra i ghepardi sia molto bassa; ciò è confermato dal fatto che è possibile eseguire un trapianto di pelle tra due ghepardi senza che vi sia alcun rigetto, tanto il patrimonio genetico di donatore e ricevente sono simili.

Figura 12
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Il collo di bottiglia di una popolazione

(A) Un collo di bottiglia rappresenta una situazione nella quale solo pochi individui di una popolazione sopravvivono a un evento casuale, col risultato di uno spostamento nelle frequenze alleliche della popolazione.
(B) Un esempio di questo effetto è rappresentato dalle popolazioni attuali di ghepardi.

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L’effetto del fondatore si verifica quando pochi individui pionieri colonizzano una nuova regione

Quando alcuni individui colonizzano un nuovo ambiente, è improbabile che portino con sé tutti gli alleli presenti nella popolazione di origine. Il cambiamento che si verifica nella variabilità genetica prende il nome di effetto del fondatore ed è equivalente a quanto accade in una grande popolazione decimata da un collo di bottiglia.

Gli scienziati hanno avuto modo di studiare la composizione genetica di due popolazioni fondatrici quando Drosophila subobscura, una specie ben studiata di moscerini della frutta originaria dell’Europa, venne scoperta nel 1978 vicino a Puerto Montt, in Cile, e nel 1982 a Port Townsend, nello Stato di Washington. Probabilmente gli individui fondatori avevano raggiunto il Cile su una nave proveniente dall’Europa; in seguito pochi moscerini cileni, trasportati da un’altra nave, fondarono la popolazione statunitense. Entrambe le popolazioni di moscerini sono cresciute rapidamente e hanno ampliato il loro areale (▶figura 13). Mentre le popolazioni europee di D. subobscura presentano 80 inversioni cromosomiche, le popolazioni americane ne hanno soltanto 20 (le stesse in America del Nord e del Sud).

Inoltre, per alcuni geni, nelle due popolazioni americane sono presenti soltanto quegli alleli che nelle popolazioni europee hanno una frequenza superiore a 0,10. Ciò significa che solo una piccola parte di tutta la variabilità genetica presente in Europa ha raggiunto le Americhe, come ci si aspetta quando la popolazione fondatrice è poco numerosa. Secondo le stime dei genetisti, le due popolazioni americane sarebbero state fondate da un numero di moscerini compreso tra 4 e 100.

Figura 13
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L’effetto del fondatore

Le popolazioni del moscerino della frutta Drosophila subobscura dell’America del Nord e del Sud presentano variabilità genetica minore di quella delle popolazioni europee da cui derivano (come si vede dal numero di inversioni cromosomiche presenti in ogni popolazione). Nell’arco di due decenni dopo l’arrivo nel Nuovo Mondo, le popolazioni di D. subobscura crebbero enormemente e si diffusero ampiamente nonostante la loro ridotta variabilità genetica.

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L’accoppiamento non casuale modifica le frequenze genotipiche

Le frequenze genotipiche possono subire cambiamenti anche nel caso in cui gli individui di una popolazione scelgano di accoppiarsi con partner dotati di genotipi particolari (un fenomeno chiamato accoppiamento non casuale). Per esempio, se la preferenza va agli individui con la stessa costituzione genetica, i genotipi omozigoti risulteranno più rappresentati di quanto previsto dall’equilibrio di Hardy-Weinberg. In altri casi può invece succedere che gli accoppiamenti avvengano preferibilmente o esclusivamente fra partner con genotipi diversi.

Esempi di accoppiamento non casuale si ritrovano anche nei vegetali. È il caso della primula, dove le singole piante producono fiori di uno solo fra due tipi possibili. Un tipo, detto a spillo, ha stilo (l’organo riproduttivo femminile) lungo e stami (gli organi riproduttivi maschili) corti. L’altro tipo, chiamato a tamburello, ha stilo corto e stami lunghi (▶figura 14).

In molte specie di primula con questa disposizione reciproca di organi, il polline proveniente da un tipo di fiore può fecondare soltanto fiori dell’altro tipo. Questo perché i granuli pollinici prodotti dai due tipi di fiore si depositano su parti anatomiche diverse degli insetti impollinatori e, quando l’insetto si sposta su un secondo fiore, i granuli di polline raccolti da fiori a spillo entrano più facilmente in contatto con gli stigmi di fiori a tamburello, e viceversa.

In numerosi gruppi di organismi, soprattutto vegetali, è frequente un’altra forma di accoppiamento non casuale: l’autofecondazione. In questo caso la frequenza degli eterozigoti si riduce rispetto a quanto previsto dall’equilibrio di Hardy-Weinberg.

È bene notare che questi tipi di accoppiamento non casuale alterano le frequenze genotipiche, ma non le frequenze alleliche, e quindi non producono adattamento. Esiste però anche una forma particolarmente importante di accoppiamento non casuale, capace di cambiare le frequenze alleliche: la selezione sessuale.

Figura
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La struttura del fiore favorisce l’incrocio non casuale

Diverse strutture fiorali all’interno della stessa specie assicurano che l’impollinazione avvenga tra individui con diverso genotipo, come illustrato dal caso della primula.

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