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L’operone: come i procarioti regolano l’espressione genica

Oltre alla ricombinazione genica e all’azione di plasmidi e trasposoni, il genoma procariotico è soggetto a una serie di meccanismi che rendono i batteri in grado di adattarsi con rapidità ed efficienza alle variazioni ambientali. I procarioti infatti sono in grado di regolare con precisione le proteine attive nel proprio citoplasma, così da limitare gli sprechi e da consentire la massima coordinazione tra le vie metaboliche. Di solito il controllo consiste nell’attivare o disattivare i geni che codificano per la sintesi delle proteine, in modo che ciascuna proteina venga prodotta solo quando serve e nella quantità necessaria. In un batterio la sintesi di una proteina può essere regolata nella fase di trascrizione oppure durante la traduzione. Quanto prima una cellula interviene nel processo di sintesi proteica, tanto minore è l’energia che consuma. Per questo motivo il metodo più comune di regolazione genica è il controllo della trascrizione.

Un esempio di regolazione in Escherichia coli

In una cellula batterica alcune proteine vengono prodotte a ritmo costante, perché sono sempre necessarie; altre invece vengono prodotte solo quando il batterio ne ha bisogno. In questo caso la cellula dimostra di riconoscere una variazione chimica dell’ambiente esterno e di saper attivare o bloccare i suoi geni in relazione alla nuova situazione.

Il metabolismo del lattosio in Escherichia coli è un buon esempio per descrivere questa capacità di adattamento. Essendo un normale inquilino dell’intestino umano, E. coli deve essere capace di adattarsi agli improvvisi cambiamenti del suo ambiente. Il suo ospite può metterlo in contatto con un certo tipo di cibo e, poche ore dopo, con uno totalmente diverso. Queste variazioni costituiscono una sfida metabolica per il batterio.

La fonte di energia preferita da E. coli è il glucosio, lo zucchero più facile da metabolizzare, ma non tutto il cibo ingerito dall’ospite contiene un’elevata quantità di glucosio. Per esempio, il batterio può trovarsi improvvisamente sommerso dal latte, che contiene lo zucchero lattosio. Il lattosio è un disaccaride contenente una molecola di galattosio legata a una molecola di glucosio. Per essere assorbito e metabolizzato da E. coli, il lattosio deve subire l’azione di tre proteine, di cui una (chiamata β-galattosidasi) è un enzima che catalizza la scissione del legame tra i due monosaccaridi.

Quando E. coli cresce su un terreno contenente glucosio ma privo di lattosio, i livelli di queste tre proteine sono estremamente bassi: ovvero i geni che le codificano sono «repressi», cioè inattivi. Se però l’ambiente cambia e il lattosio diventa lo zucchero più abbondante, il batterio si affretta a produrre tutte e tre le proteine. Quindi i geni che codificano per queste proteine vengono attivati, cioè trascritti e tradotti; di conseguenza la concentrazione delle proteine nella cellula aumenta rapidamente.

In una cellula di E. coli che cresce su un terreno privo di lattosio si trovano soltanto due molecole di β-galattosidasi; la presenza di lattosio, invece, può indurre la sintesi di 3000 molecole di β-galattosidasi per ogni cellula!

Se dal terreno di coltura di E. coli si toglie il lattosio, la sintesi di β-galattosidasi si arresta quasi subito. Le molecole di enzima già prodotte non scompaiono, semplicemente si diluiscono nel corso delle successive divisioni cellulari finché la loro concentrazione all’interno di ogni cellula batterica ridiscende al livello iniziale.

I geni che codificano i tre enzimi coinvolti nel metabolismo del lattosio di E. coli vengono definiti geni strutturali, a indicare che specificano la struttura primaria (cioè la sequenza amminoacidica) di una proteina; in altre parole, sono geni trascrivibili in mRNA.


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L’operone: come i procarioti regolano l’espressione genica

Gli operoni sono le unità di trascrizione dei procarioti

Nei batteri i geni che codificano per proteine correlate vengono regolati insieme con un meccanismo abbastanza semplice. Riprendiamo il nostro esempio: i geni strutturali che codificano per gli enzimi che digeriscono il lattosio sono posizionati uno accanto all’altro sul cromosoma di E. coli. Questa disposizione non è casuale: il loro DNA infatti viene trascritto in un’unica ininterrotta molecola di mRNA, la cui presenza o meno farà sì che la cellula produca tutti gli enzimi o nessuno.

I tre geni condividono anche uno stesso promotore che, come abbiamo detto nel capitolo precedente, è la sequenza di DNA a cui si lega la RNA polimerasi; fra il promotore e i geni strutturali si trova un breve segmento di DNA, definito operatore, capace di legare una proteina regolatrice, detta repressore:

  • quando il repressore si lega all’operatore, la RNA polimerasi non può effettuare la trascrizione dell’mRNA e i geni non si esprimono;
  • quando il repressore non è legato all’operatore, la sintesi di mRNA procede regolarmente: i geni quindi possono esprimersi.

L’intera unità, formata da geni strutturali strettamente collegati e dalle sequenze di DNA che controllano la loro trascrizione, viene detta operone. Un operone comprende sempre un promotore, un operatore e due o più geni strutturali. Il promotore e l’operatore sono tratti di DNA che svolgono la funzione di siti di legame e non vengono trascritti. Ogni operone è controllato da uno specifico gene regolatore, che codifica per la proteina che funziona da repressore (▶figura 11). Diversamente da promotore e operatore, il gene regolatore può trovarsi anche a notevole distanza dai geni strutturali che controlla.

In generale, i meccanismi di azione del repressore sono di due tipi:

  1. In alcuni operoni, tra cui l’operone lac, il repressore blocca stabilmente l’operatore e viene rimosso solo quando giunge un segnale esterno, che ne causa il distacco. Questo segnale è una molecola specifica chiamata induttore.
  2. In altri casi, il repressore entra in funzione solo in presenza di una molecola esterna, chiamata corepressore, che lo rende capace di legarsi all’operatore.

In entrambi i casi la caratteristica più importante del repressore è la sua capacità di cambiare forma in presenza del corepressore o dell’induttore. Sono questi cambiamenti di forma che modificano la sua capacità di legarsi all’operatore.

Figura 11
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L’operone lac di E. coli

L’operone lac (dall’inglese lactose) corrisponde a un segmento di DNA che comprende un promotore, un operatore e i tre geni strutturali che codificano gli enzimi coinvolti nel metabolismo del lattosio.

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Nell’operone lac il controllo operatore-repressore induce la trascrizione

Come abbiamo detto, l’operone lac appartiene al tipo di operoni che attivano la trascrizione in risposta alla comparsa di un induttore. In questo sistema la proteina repressore presenta due siti di legame: uno per l’operatore e l’altro per l’induttore. Gli induttori dell’operone lac sono le molecole di lattosio. Il legame con l’induttore modifica la struttura tridimensionale della proteina repressore. In seguito a questo cambiamento di forma il repressore non può più legarsi all’operatore (▶figura 12); di conseguenza l’RNA polimerasi può legarsi al promotore e dare inizio alla trascrizione dei geni strutturali. L’mRNA trascritto viene poi tradotto a livello dei ribosomi per sintetizzare le tre proteine necessarie al metabolismo del lattosio.

A mano a mano che il lattosio viene metabolizzato, la sua concentrazione si riduce. Che cosa succede a quel punto? Quando la concentrazione di lattosio si abbassa, le molecole di induttore (il lattosio) si separano dal repressore, che riacquista la sua forma originaria e si lega all’operatore, bloccando la trascrizione dell’operone lac.

Dato che l’mRNA già presente nella cellula si degrada rapidamente, poco dopo cessa anche la traduzione. È dunque la presenza o meno di lattosio (ovvero dell’induttore) a regolare la formazione del legame fra repressore e operatore, e quindi anche la sintesi delle proteine coinvolte nel metabolismo del lattosio. Per questo l’operone lac è un sistema inducibile.

Riassumiamo ora le principali caratteristiche dei sistemi inducibili come l’operone lac:

  • in assenza dell’induttore, l’operone è inattivo;
  • il controllo viene esercitato da una proteina regolatrice (il repressore) che disattiva l’operone;
  • l’aggiunta dell’induttore trasforma il repressore e attiva l’operone.
Figura 12
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L’operone lac è un esempio di sistema inducibile

Il lattosio (l’induttore) porta alla sintesi degli enzimi coinvolti nella via metabolica del lattosio grazie all’inibizione del legame della proteina repressore con l’operatore.

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Nell’operone trp il controllo operatore-repressore reprime la trascrizione

Abbiamo visto quanto sia utile a E. coli possedere un sistema inducibile per il metabolismo del lattosio, che si attiva soltanto quando è presente questo zucchero. Altrettanto utile per un batterio è la capacità di bloccare la sintesi di un enzima in risposta all’accumulo dei prodotti finali della reazione da esso catalizzato.

Un esempio è costituito dall’amminoacido triptofano, un costituente essenziale delle proteine; quando il triptofano è presente in concentrazioni elevate all’interno del citoplasma, la cellula sospende la produzione degli enzimi coinvolti nella sua sintesi.

L’operone trp, che controlla la sintesi del triptofano, è un esempio di sistema reprimibile: la proteina repressore può bloccare il proprio operone soltanto se prima si è legata a un corepressore, che può essere lo stesso prodotto metabolico finale, in questo caso il triptofano, o un analogo (▶figura 13).

Figura 13
Figura 13open

L’operone trp è un esempio di un sistema reprimibile

L’operone trp controlla la sintesi del triptofano, che agisce da corepressore attivando un repressore altrimenti inattivo. Se il triptofano è assente, il repressore non può legarsi all’operatore e l’operone viene trascritto con la massima velocità. Quando invece è presente il triptofano, il repressore si lega all’operatore e l’operone si blocca.

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Gli operoni inducibili e gli operoni reprimibili hanno funzioni diverse

La differenza tra un sistema inducibile e uno reprimibile è piccola ma significativa:

  • Nei sistemi inducibili, ad agire è il substrato di una via metabolica (l’induttore) che interagisce con una proteina regolatrice (il repressore), rendendola incapace di legarsi all’operatore, con il risultato di permettere la trascrizione.
  • Nei sistemi reprimibili, ad agire è il prodotto di una via metabolica (il corepressore), che interagisce con una proteina regolatrice (sempre il repressore), rendendola capace di legarsi all’operatore, con il risultato di bloccare la trascrizione.

In generale, i sistemi inducibili controllano le vie cataboliche (che vengono attivate soltanto quando il substrato è disponibile), mentre i sistemi reprimibili controllano le vie anaboliche (che restano inattive fintanto che il prodotto è disponibile). In entrambi i casi le molecole regolatrici esercitano la loro funzione legandosi all’operatore.


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La regolazione genica e lo studio del DNA

Il controllo dell’espressione genica da parte di proteine regolatrici non è un meccanismo utilizzato esclusivamente dai procarioti; lo si osserva anche nei virus ed è importante anche negli organismi eucariotici (come vedremo nel prossimo capitolo).

Lo studio di questi meccanismi di controllo è stato fondamentale per cogliere due aspetti importanti della struttura e della funzione del DNA:

  • Esistono alcuni tratti di DNA (operatori e promotori) che non codificano per dei polipeptidi, ma svolgono la funzione di siti di legame per proteine regolatrici. In tutti gli esseri viventi, pertanto, i genomi non contengono soltanto sequenze destinate a essere trascritte, ma anche sequenze che non vengono trascritte.
  • Esistono proteine regolatrici (i repressori), e quindi geni regolatori ad esse preposti, la cui unica funzione è regolare l’espressione di altri geni. Le proteine regolatrici sono «sensibili» a fattori ambientali specifici. Ciò conferisce al DNA una certa capacità di interagire con l’ambiente esterno adattando l’espressione dei geni alle necessità del momento.

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Per saperne di più

Un interruttore per la virulenza

Come fa un virus a «sapere» quando passare al ciclo litico? La questione è stata affrontata nel fago λ (lambda), che vedi nella ▶figura A, un virus temperato del batterio E. coli (▶figura B). Questo batteriofago possiede un «interruttore genetico» che gli permette di accorgersi delle condizioni interne dell’ospite.

Come abbiamo visto, nel DNA esistono brevi sequenze speciali chiamate promotori che fanno da «interruttori» controllando la trascrizione dei geni a cui sono associati. Due promotori nel DNA del fago controllano la trascrizione dei geni virali coinvolti, rispettivamente, nel ciclo litico e in quello lisogeno. Tali promotori sono regolati da due proteine virali in competizione, cI e Cro, che li influenzano in modo opposto. L’attività del fago deriva dalla competizione tra queste due proteine regolatrici. In una cellula di E. coli sana, la sintesi di Cro è bassa, perciò cI ha la meglio e il fago entra in fase lisogena. Quando, invece, la cellula ospite è danneggiata, la sintesi di Cro è alta; vengono così attivati i promotori per il DNA virale e per le proteine del capside, e ne segue la lisi batterica.

Il ciclo vitale del fago λ, qui estremamente semplificato, costituisce un modello generale di infezione virale. La lezione ricavata dal controllo della trascrizione in questo sistema è stata applicata a molti altri virus, compreso l’HIV.

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Il fago lambda

(A) Questa immagine ottenuta al microscopio elettronico a trasmissione mostra alcuni fagi; il DNA del fago è contenuto nel capside a forma di icosaedro (nella foto, alcuni capsidi sono stati colorati in rosa e altri in verde). Ogni capside è unito a una «coda» lineare. (B) Escherichia coli, è il batterio «parassitato» dal fago λ.

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