Capitolo Gli atomi: il mondo quantico

L’osservazione degli atomi

Dalton immaginava gli atomi come sfere prive di struttura, simili a minuscole biglie. Oggi sappiamo che gli atomi possiedono una loro struttura interna: sono costituiti da particelle più piccole, le particelle subatomiche. Noi ci limiteremo a studiare le tre principali particelle subatomiche: l’elettrone, il protone e il neutrone. Indagando la struttura interna degli atomi possiamo comprendere in che cosa un elemento differisce da un altro, correlandone le proprietà alla struttura.

1.1 Il modello nucleare dell’atomo

La prima prova sperimentale della struttura interna degli atomi è stata fornita dalla scoperta, nel 1897, di una particella subatomica, l’elettrone. Il fisico inglese Joseph John Thomson (figura 1.1) indagava sui «raggi catodici», radiazioni che si originano applicando una elevata differenza di potenziale (un voltaggio elevato) a due elettrodi (placche metalliche) dentro un tubo di vetro posto sotto vuoto (figura 1.2). Thomson dimostrò che i raggi catodici sono fasci di particelle dotate di carica negativa provenienti dall’interno degli atomi che costituiscono l’elettrodo di carica negativa, definito per l’appunto catodo. Thomson constatò inoltre che tali particelle cariche erano identiche, qualunque metallo fosse adoperato come catodo, e concluse quindi che esse sono parte della costituzione di tutti i possibili atomi. Le particelle vennero denominate elettroni (e). 

Thomson riuscì a misurare il valore di e/me, il rapporto tra la quantità di carica dell’elettrone, e, e la massa dell’elettrone, me, e ricercatori successivi, in particolare il fisico americano Robert Millikan, effettuarono gli esperimenti che consentirono di determinare la carica in quanto tale (figura 1.3). Il valore con cui oggi si indica la carica dell’elettrone è –e, con e = 1,602 × 1019 C , e lo si assimila a «una unità» di carica negativa, essendo e, detta carica fondamentale, «una unità» di carica positiva. La massa dell’elettrone fu calcolata combinando tale carica con il rapporto e/m e misurato da Thomson, e risultò essere 9,109 × 1031 kg.

 Sebbene gli elettroni rechino una carica negativa, gli atomi nel loro insieme risultano neutri; per questo già all’inizio del ventesimo secolo gli scienziati intuirono che ogni atomo doveva contenere anche una carica positiva sufficiente ad annullare quella negativa. Ma dove si trovava tale carica positiva? Thomson ipotizzò un modello dell’atomo simile a un grumo di gel carico positivamente nel quale gli elettroni si trovassero sospesi come l’uvetta in una torta. Nel 1908, ulteriori osservazioni sperimentali confutarono il suo modello. Ernest Rutherford (figura 1.4) sapeva che alcuni elementi, tra i quali il radon, emettono fasci di particelle positive, che egli chiamò particelle α. Lo scienziato chiese a due suoi studenti, Hans Geiger e Ernest Marsden, di bombardare con le particelle α una lamina di platino dello spessore di pochi atomi (figura 1.5). Se gli atomi fossero stati effettivamente costituiti da grumi di una gelatina positiva, tutte le particelle α avrebbero facilmente attraversato la carica positiva diffusa della lamina, deviando solo leggermente, di tanto in tanto, dal loro percorso. 

Le osservazioni di Geiger e Marsden stupirono tutti. Le particelle α passavano quasi tutte indisturbate, deviando eventualmente solo di pochissimo; una su 20 000 deviava, invece, di oltre 90°, e poche rimbalzavano addirittura nella direzione di provenienza. «Era quasi incredibile», affermò Rutherford, «come sparare un proiettile da 15 pollici (circa 30 cm) contro un foglio di carta e vederselo rimbalzare addosso e colpirvi».

I risultati dell’esperimento di Geiger e Marsden condussero alla formulazione del modello nucleare: l’atomo possiede un centro di carica positiva puntiforme e denso, il nucleo, attorniato da un grande volume di spazio quasi vuoto nel quale si distribuiscono gli elettroni. Rutherford ipotizzò che una particella α che si trovasse a colpire direttamente uno dei minuscoli ma pesanti nuclei del platino ne venisse fortemente respinta e deviasse di un angolo ampio, come una palla da tennis che rimbalzasse contro una palla di cannone (figura 1.6). Lavori successivi mostrarono che il nucleo di un atomo contiene particelle chiamate protoni, ciascuna dotata di carica +e, responsabili della carica positiva, e particelle prive di carica, i neutroni. Il numero dei protoni nel nucleo varia da un elemento all’altro e viene definito numero atomico, Z, dell’elemento stesso. La carica complessiva di un nucleo avente numero atomico Z è +Ze; affinché gli atomi siano neutri, possiedono lo stesso numero Z di elettroni.

Concetto chiave

Secondo il modello nucleare tutta la carica positiva e quasi tutta la massa dell’atomo si concentrano nel minuscolo nucleo, che è circondato dagli elettroni, carichi negativamente. Il numero atomico Z coincide con il numero dei protoni presenti nel nucleo.

utile

È utile sapere che

C indica il coloumb, l’unità SI della carica elettrica.

Figura 1.1
Figura 1.1openJoseph John Thomson (1856-1949).
Figura 1.2
Figura 1.2openIl dispositivo utilizzato da Thomson. Tra le due placche si stabilisce un campo elettrico e perpendicolarmente a esso si instaura un campo magnetico.
Figura 1.3
Figura 1.3openRappresentazione schematica dell’esperimento di Millikan. L’olio è nebulizzato in una camera contenente un gas le cui molecole vengono ionizzate con raggi X. Gli elettroni emessi dalle molecole aderiscono alle goccioline d’olio. Seguendo la posizione di una gocciolina d’olio con un microscopio, si può evitarne la caduta, bilanciando la forza di gravità con un campo elettrico.
Figura 1.4
Figura 1.4openErnest Rutherford (1871-1937).
Figura 1.5
Figura 1.5openParte del dispositivo sperimentale utilizzato da Geiger e Marsden. Le particelle α provenienti da un campione gassoso di radon radioattivo furono dirette, attraverso un foro, in una camera cilindrica rivestita internamente di solfuro di zinco. Le particelle α colpivano una lamina di platino montata all’interno del cilindro e le loro deviazioni venivano misurate osservando lampi di luce (scintillazioni) dove colpivano lo schermo.
Figura 1.6
Figura 1.6openIl modello atomico di Rutherford spiega perché la maggior parte delle particelle α attraversa la lamina di platino senza subire alcuna deviazione. Rispetto alla rappresentazione riportata, i nuclei sono molto più piccoli degli atomi cui appartengono.

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