Come ha fatto Galileo a scoprire che tutti i corpi cadrebbero a terra nello stesso modo, se non ci fosse l’attrito dell’aria? Non è una verità evidente, che sta davanti agli occhi di tutti. Al contrario è un’affermazione che va contro il senso comune: un vaso di fiori che cade dal secondo piano arriva a terra ben prima di una foglia che si è staccata dalla pianta.
Oggi sappiamo che Galileo ha ragione. Robert Boyle lo ha verificato poco dopo la metà del Seicento, mettendo oggetti di peso e forma diversi dentro un tubo nel quale aveva fatto il vuoto, cioè aveva aspirato dell’aria. Capovolgendo il tubo, tutti gli oggetti toccano il fondo nello stesso istante. Anche gli astronauti lo hanno verificato nel 1971 sulla Luna, dove non c’è atmosfera: una piuma e un martello, lasciati cadere dalla stessa altezza, arrivano al suolo contemporaneamente.
Nel Seicento, ai tempi di Galileo, per spiegare la caduta dei gravi si faceva riferimento alla teoria di Aristotele, secondo la quale la velocità di caduta è direttamente proporzionale alla massa del corpo: una pietra di 10 kg sarebbe 10 volte più veloce di un sasso da 1 kg. Galileo ha avuto il coraggio di mettere in dubbio ciò che diceva Aristotele, la cui autorità era all’epoca indiscutibile. Per prima cosa ha demolito logicamente la sua affermazione, inventando un esperimento ideale, il cui risultato porta a una contraddizione.
Immagina di far cadere due oggetti diversi dalla stessa altezza; secondo Aristotele, quando arrivano a terra il più pesante ha una velocità vp maggiore della velocità vl di quello più leggero. Poi immagina di legare i due oggetti insieme con una corda sottile:
- puoi aspettarti che quello più leggero e lento ostacoli il moto dell’altro e sia tirato da esso. Quindi la velocità comune con cui i due arrivano a terra dovrebbe essere compresa tra vp e vl.
- Ma si può ragionare in un altro modo: i due oggetti uniti formano un unico corpo, più pesante di ciascuno dei due. Stando così le cose, la velocità comune con cui i due arrivano a terra dovrebbe essere maggiore di vp.
Due ragionamenti diversi ma corretti, entrambi basati sulla teoria di Aristotele, portano a risultati incompatibili tra loro. Ciò è inaccettabile e quindi dobbiamo ammettere che l’idea di partenza è sbagliata. Così, con un esperimento ideale Galileo ha falsificato la teoria. Il passo successivo consiste nell’inventare un nuovo modello che descriva in modo accurato il fenomeno. Ancora una volta Galileo fa ricorso a un esperimento, questa volta reale.
- La caduta libera come caso limite del piano inclinato
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L’esperimento ha lo scopo di verificare l’ipotesi che i corpi cadano con accelerazione costante, cioè aumentino la velocità in modo direttamente proporzionale al tempo. Tuttavia i mezzi tecnici a sua disposizione non gli permettono di misurare la velocità istantanea. Mentre per valutare le lunghezze gli basta un metro, misurare con precisione i brevi intervalli di tempo necessari ai corpi per toccare terra costituisce un problema.
Allora, visto che il moto di caduta libero è troppo veloce per essere studiato, Galileo realizza la caduta libera al rallentatore grazie a un piano inclinato, ben levigato per ridurre l’attrito, su cui rotola una sfera di bronzo, che può quindi raggiungere il suolo in tempi più lunghi, misurabili con gli strumenti a sua disposizione. Inoltre, l’attrito con l’aria non modifica in modo apprezzabile il moto della pesante sfera di bronzo.
L’apparato sperimentale è composto da:
- un piano inclinato con una scanalatura;
- un regolo (cioè un metro) di ottone suddiviso in intervalli uguali;
- una sfera di bronzo;
- un orologio ad acqua. Il tempo di caduta della sfera è ottenuto pesando la quantità d’acqua che, durante la discesa della sfera lungo il piano, fuoriesce da un secchio attraverso un sottile cannello e si raccoglie in un recipiente posato sul piatto di una bilancia.
Galileo misura il tempo di caduta della sfera per diverse lunghezze del percorso. Poi, confrontando tempi di discesa e lunghezze, verifica che esiste una proporzionalità diretta fra le distanze percorse Δs e i quadrati dei corrispondenti intervalli di tempo (Δt)2; questo è vero per diverse inclinazioni del piano e anche quando cambia la massa la composizione della sfera:
\[ \mathrm{\Delta}{S}=\frac{1}{2}\mathrm{\alpha}{\left({\mathrm{\Delta}{t}}\right)}^{2}. \]
Da ciò arriva alla formulazione di una legge generale sul moto di caduta libera, che vale anche al limite quando il piano inclinato è in posizione verticale. Tradotta in parole, la legge afferma che, se non ci fosse l’attrito con l’aria, tutti i corpi cadrebbero con un moto uniformemente accelerato.
- Il metodo sperimentale
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Galileo è stato un rivoluzionario. Ha avuto il coraggio di mettere in dubbio ciò che i suoi contemporanei ritenevano ovvio e soprattutto ha inventato il metodo sperimentale, su cui si fonda la scienza. Secondo questo metodo, un’affermazione è vera se è verificata dagli esperimenti e non se si basa sul principio di autorità («l’ha detto Aristotele»). Gli esperimenti sono il banco di prova di un modello o una teoria: fino a quando la verificano, la teoria è vera; basta un solo esperimento che la contraddica per renderla falsa. Ripercorriamo i passi del metodo sperimentale, facendo riferimento alla caduta dei gravi.
- Osservazione di un fenomeno: tutti i corpi cadono e il loro moto verso il basso è influenzato dall’attrito dell’aria.
- Scelta delle grandezze fisiche per descriverlo: lunghezza, tempo, velocità, accelerazione.
- Formulazione di un’ipotesi: se l’attrito con l’aria è trascurabile, i corpi cadono con accelerazione costante.
- Esperimenti per verificare l’ipotesi: misura della relazione fra tempi e lunghezze nella caduta dal piano inclinato, caduta libera come piano inclinato a 90 gradi in condizioni tali che l’attrito sia trascurabile. Se gli esperimenti contraddicono l’ipotesi, occorre scartarla, inventarne una nuova e ripetere il ciclo.
- Enunciazione della legge sperimentale:
\[ \mathrm{\Delta}{S}=\frac{1}{2}\mathrm{\alpha}{\left({\mathrm{\Delta}{t}}\right)}^{2}. \]
Le leggi sperimentali costituiscono delle conoscenze particolari che sono poi integrate in strutture logiche più complete, le teorie fisiche. Per esempio, la legge di caduta dei gravi può essere dedotta a partire dai princìpi della dinamica, che sono le leggi su cui si basa tutta la meccanica.
Le teorie, infatti, sono costruite in modo da permettere di derivare dai loro assiomi tutte le leggi sperimentali note in un certo ambito della fisica. L’accordo con le leggi sperimentali conferma la teoria.
Proprio come dice Galileo nella citazione iniziale: questo è il metodo delle scienze che utilizzano le dimostrazioni matematiche, così fanno gli studiosi della prospettiva (perspettivi), gli astronomi, gli ingegneri (mecanici), i musici e altri che, con gli esperimenti (sensate esperienze) confermano i loro princìpi, su cui si fonda tutta la costruzione teorica successiva.