Da Mendel ai modelli di ereditarietà
La prima e la seconda legge di Mendel
La seconda legge di Mendel: la segregazione
La primavera seguente Mendel coltivò le piantine della generazione F1 ed eseguì una seconda serie di esperimenti. Ognuna di queste piante fu lasciata libera di autoimpollinarsi e produrre i semi di una nuova generazione che chiameremo seconda generazione filiale o F2. Di nuovo, furono descritte e contate le caratteristiche di tutte le piante F2 (vedi ▶tabella 1). In tutti gli incroci eseguiti, Mendel notò due dati importanti.
- Il tratto che non si era espresso (cioè non si era manifestato) nella generazione F1 ricompariva nella generazione F2. Per esempio, nel caso del carattere «forma del seme» ricompariva il tratto rugoso che nella generazione F1 sembrava sparito. Questo fatto portò Mendel a concludere che il tratto a seme liscio fosse dominante su quello a seme rugoso, da lui chiamato recessivo. In ognuna delle altre sei coppie di caratteri studiate da Mendel, un tratto si dimostrò sempre dominante sull’altro; e il tratto recessivo era quello che, in un incrocio fra ceppi puri, scompariva dalla generazione F1.
- In F2 il rapporto numerico fra i due tratti era sempre lo stesso per ciascuno dei sette caratteri studiati, ed era all’incirca 3:1. In altre parole, tre quarti della generazione F2 mostrava il tratto dominante e un quarto il tratto recessivo. Per esempio, l’incrocio per la forma del seme (vedi ▶figura 3) dava un rapporto di 5474:1850 = 2,96:1. I risultati di F1 non cambiavano se nella generazione parentale si partiva dagli ibridi reciproci; non aveva importanza quale genitore forniva il polline.
I dati ottenuti da Mendel smentivano radicalmente la teoria della mescolanza: i tratti della generazione parentale infatti non si fondevano nella generazione Fl e nella generazione F2 ricompariva il tratto recessivo. Il tratto «rugoso» per esempio ricompariva nei semi di F2, dopo essere apparentemente scomparso nei semi di F1.
Come si possono spiegare questi risultati? Che cosa accade al tratto recessivo nella generazione F1? Perché i tratti recessivi e quelli dominanti nella generazione F2 si manifestano in rapporti sempre costanti? Per rispondere a questi interrogativi Mendel propose una teoria che possiamo così riassumere:
- le unità responsabili dell’ereditarietà di un particolare carattere si presentano come particelle distinte che in ciascun individuo si trovano in coppia;
- durante la formazione dei gameti tali particelle si separano e ogni gamete ne eredita una soltanto.
Secondo questa teoria, gli elementi unitari dell’ereditarietà si conservano integri in presenza l’uno dell’altro. L’idea di Mendel era che ogni pianta di pisello possedesse due elementi («particelle») ereditari per ciascun carattere, derivanti ciascuno da un genitore, e che durante la produzione dei gameti, un gamete ricevesse soltanto una di queste unità appaiate.
La sua conclusione, che costituisce il nocciolo del modello mendeliano dell’ereditarietà, fu che ogni gamete contiene una sola unità, ma lo zigote ne contiene due, perché è il prodotto della fusione di due gameti. Gli elementi unitari dell’ereditarietà oggi si chiamano geni e le forme diverse di uno stesso gene sono chiamate alleli. La teoria di Mendel può essere espressa nella seguente forma, che costituisce la seconda legge di Mendel o legge della segregazione: quando un individuo produce gameti, le due copie di un gene (cioè gli alleli) si separano, cosicché ciascun gamete riceve soltanto una copia.