Rifacendoci agli studi condotti dal grande evoluzionista Ernst Mayr (▶figura) sull’opera di Darwin nel corso del Novecento, possiamo dire che quella proposta da Darwin non era un’unica teoria ma un paradigma, formato da cinque teorie:
- l’evoluzione in quanto dato di fatto;
- la discendenza da un antenato comune;
- la proliferazione delle specie;
- la gradualità dell’evoluzione;
- la selezione naturale.
Queste cinque teorie sono strettamente collegate ma in parte indipendenti tra loro, tanto che diversi studiosi, sia contemporanei di Darwin sia successivi, ne accettarono alcune e altre no.
L’evoluzione in quanto dato di fatto
Abbiamo già definito l’evoluzione, ovvero il fatto che le specie viventi sulla Terra si modificano nel corso del tempo. I biologi ritengono che questa affermazione, più che una teoria, debba essere considerata un fatto scientifico, ovvero un’osservazione oggettiva e verificata.
Nel tempo sono state proposte varie teorie per spiegare come si è verificata l’evoluzione. Queste teorie differiscono per l’importanza attribuita ai diversi fattori che causano i cambiamenti evolutivi (selezione naturale, caso, gradualismo) e molte questioni riguardanti i meccanismi evolutivi sono ancora oggetto di dibattito; tuttavia l’evoluzione in sé viene considerata da tutti gli scienziati come un fatto accertato.
La discendenza comune
L’evoluzione non implica necessariamente che le specie viventi debbano discendere da un antenato comune; tuttavia, come abbiamo visto, l’anatomia comparata e l’identificazione di numerosi casi di omologia condussero Darwin alla teoria della discendenza comune, vale a dire all’idea che tutte le forme di vita attualmente presenti sulla Terra possano derivare da un unico antenato comune.
Per i biologi di oggi, questo presunto antenato è indicato con la sigla LUCA (Last Universal Common Ancestor, cioè il più recente antenato comune a tutti) e corrisponde a una forma di vita unicellulare procariotica dotata di tutte le caratteristiche riscontrabili in ogni forma vivente, quali i meccanismi di duplicazione del DNA, la sintesi proteica e la glicolisi. LUCA non è quindi la più antica forma vivente mai esistita, ma il più recente antenato comune a tutte le specie moderne.
La proliferazione delle specie
A Darwin dobbiamo anche il superamento dell’idea dell’evoluzione come di un processo lineare. Egli infatti si rese conto che, nel corso dell’evoluzione, il numero delle specie poteva aumentare e che quindi da un’unica specie potevano discendere due specie distinte. A Darwin dobbiamo la sostituzione della metafora della scala naturale con quella dell’albero della vita: da una base, costituita dalle specie più antiche, si sviluppa un albero, in cui ogni ramificazione corrisponde a un evento di speciazione, cioè la formazione di una nuova specie.
La gradualità dell’evoluzione
Secondo la visione darwiniana, tutti questi cambiamenti dovevano avvenire con gradualità, attraverso il sommarsi di piccole variazioni, nel corso di lunghi periodi. In questo modo Darwin faceva pienamente suo il gradualismo (appreso dalla lettura di Lyell). Sebbene il gradualismo di Darwin sia stato rivisto criticamente da alcuni evoluzionisti moderni, non c’è dubbio che la documentazione fossile racconti più una storia di lenti cambiamenti che non di improvvise apparizioni. Quello che alcuni critici oggi rifiutano è l’idea, erroneamente attribuita a Darwin, che il processo evolutivo, per lento che sia, debba per forza procedere con un ritmo costante.
La selezione naturale
L’ultima teoria costituisce uno dei concetti più spesso fraintesi dell’intera opera darwiniana. Un filosofo contemporaneo di Darwin, Herbert Spencer (1820-1903), propose di definire la selezione naturale come «sopravvivenza del più adatto», che spesso viene inteso come il «più forte». La moderna definizione di selezione naturale è assai diversa; tuttavia, la definizione suggerita da Spencer suscitò entusiasmi e polemiche perché veniva riferita alla storia e al futuro dell’umanità, cosa che Darwin si guardò sempre bene dal fare. Egli infatti era cosciente che gli esseri umani, grazie alla cultura, non devono per forza seguire le leggi della natura.
Inoltre, come vedremo nel ▶paragrafo 5, va sottolineato che il termine corretto per indicare l’«essere adatto» è fitness, parola che i biologi usano ancora oggi non riferendosi alla forza o alla capacità di sopraffazione sugli altri, ma piuttosto alla maggiore probabilità di riprodursi.