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Le piante vascolari hanno vasi conduttori per il trasporto di acqua e zuccheri

All’interno del fusto delle piante vascolari è presente un cilindro centrale di tessuto; questa regione è formata da sottili vasi conduttori ed è specializzata nel trasporto sia di acqua e di soluti disciolti sia di zuccheri prodotti nelle parti verdi della pianta dalla fotosintesi.

Questa novità evolutiva ha dato origine alla grande varietà di piante che dominano oggi le terre emerse, nonché a molti gruppi che sono ormai estinti. Le piante vascolari viventi sono classificate in nove divisioni, ognuna delle quali sembra rappresentare una linea evolutiva separata.

In generale, come gruppo, le piante vascolari sono spesso definite tracheofite (piante con trachee, cioè vasi conduttori); le tracheofite sono suddivise in piante senza semi, le crittogame, e in piante con semi, le spermatofite. Le spermatofite sono a loro volta suddivise in due gruppi: le gimnosperme, tra cui le conifere, e le angiosperme, ossia le piante con fiore. Le gimnosperme (dal greco gymnós, «nudo», e sperma, «seme») hanno semi che non sono ricoperti da tessuti protettivi, mentre le angiosperme (dal greco angeion, «involucro») hanno semi racchiusi e protetti all’interno di una struttura specializzata, il frutto.


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Le felci furono le prime piante a possedere vasi conduttori

Le felci sono presenti a tutte le latitudini, dalle foreste pluviali tropicali alle fredde praterie nordiche, e sono le piante senza semi più abbondanti con 12 000 specie attualmente viventi (figura 5); alcune sono di piccole dimensioni (pochi centimetri d’altezza), mentre altre possono superare i due metri, come le felci arboree tipiche delle foreste pluviali. Come nelle briofite, la riproduzione sessuata prevede che il gamete maschile «nuoti» grazie al suo flagello per raggiungere il gamete femminile; quindi anche l’ambiente in cui vivono le felci deve essere umido affinché avvenga la fecondazione (figura 6).

La dipendenza dall’acqua per la fecondazione è un carattere ancora piuttosto primitivo, mentre la presenza di tessuti di trasporto colloca le felci fra le tracheofite, le piante più moderne e meglio adattate alla vita sulle terre emerse.


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Le innovazioni evolutive delle tracheofite: radici, foglie e semi

Le più importanti innovazioni nelle piante vascolari sono state la radice, una struttura specializzata nell’ancoraggio e nell’assorbimento di acqua, e la foglia, una struttura specializzata per la fotosintesi. Una delle tendenze di maggior rilievo nell’evoluzione delle piante è stato lo sviluppo di vasi conduttori (figura 7) sempre più efficienti che mettono in collegamento queste due strutture. Un sistema (lo xilema) trasporta acqua e sali minerali dalle radici a tutta la pianta compiendo, in alcune specie, un tragitto lungo anche più di 100 metri, mentre l’altro sistema (il floema) trasporta zucchero e altri prodotti della fotosintesi dalle parti verdi alle cellule non fotosintetiche della pianta.

Con lo sviluppo di radici, foglie e sistemi efficienti di conduzione, le piante hanno risolto i due principali problemi che gli organismi vegetali pluricellulari comparsi sulla terraferma hanno dovuto affrontare, ossia quello di avere una sufficiente disponibilità d’acqua e di nutrimento, e quello di distribuire queste sostanze a tutte le cellule dell’organismo.

Un’altra innovazione che riguarda le piante vascolari è il seme (figura 8), una struttura complessa costituita essenzialmente dall’embrione della nuova pianta e da un rivestimento esterno, il tegumento del seme; il tegumento non solo protegge l’embrione, ma gli consente anche di rimanere, talvolta per moltissimi anni, in una specie di stato di letargo, detto quiescenza, fino a che le condizioni ambientali non siano favorevoli alla germinazione. I primi semi conosciuti si sono fossilizzati all’interno dei depositi del tardo Devoniano, circa 360 milioni di anni fa.

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7openI vasi conduttori, presenti nei fusti, nelle radici e nei rami delle piante, trasportano acqua e zuccheri in direzioni diverse.

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Le gimnosperme producono semi privi di involucro protettivo

Nel periodo Permiano (da 286 a 248 milioni di anni fa) ci furono cambiamenti del clima su ampia scala, caratterizzati da vaste glaciazioni alternate a periodi caldi e secchi. Piante e animali terrestri dovettero adattarsi a queste nuove condizioni di vita; per questo motivo, furono enormemente avvantaggiati gli organismi vegetali in cui si erano precedentemente evolute strutture protettive per la conservazione dell’acqua. Fu appunto durante il Permiano che ebbero origine le gimnosperme (figura 9).

Le attuali gimnosperme comprendono quattro gruppi: tre divisioni minori e una divisione più nota e con molti rappresentanti, quella delle conifere (Coniferophyta). Tra le conifere (ossia piante «che portano coni») vi sono i pini, gli abeti, i larici, i cedri del Libano, i cipressi, i ginepri e le sequoie giganti.

I coni, chiamati anche pigne, possono essere di due tipi: quelli maschili producono il polline, mentre quelli femminili, che in genere sono legnosi, contengono i gameti femminili (figura 9B). La fecondazione avviene per opera del vento: i gameti maschili presenti nel polline raggiungono i gameti femminili e poi, all’interno dei coni femminili, si formano i semi; una volta maturi, i semi si disperdono nell’aria e vengono trasportati anche molto lontano grazie alla loro leggerezza e, spesso, a una forma adatta a sfruttare il vento.


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Le angiosperme sono le piante più diffuse sulla Terra

Le piante vascolari con fiori sono le angiosperme; queste piante dominano le regioni tropicali e temperate del mondo, occupando più del 90% della superficie terrestre in cui sono presenti forme vegetali. Le angiosperme non comprendono soltanto le piante che hanno fiori appariscenti, ma anche i grandi alberi legnosi, tutti gli alberi da frutta, le erbe dei prati, le verdure, le erbe aromatiche e i cereali, che costituiscono i principali prodotti alimentari della specie umana e la base dell’economia agricola mondiale (figura 10). Si ritiene che le angiosperme si siano evolute da un gruppo di gimnosperme ormai estinto circa 120 milioni di anni fa.

Diversamente dalle gimnosperme, che affidano al vento il trasporto dei loro gameti maschili, le angiosperme hanno evoluto una strategia riproduttiva che utilizza di solito altri organismi viventi (figura 11), in particolar modo gli insetti. L’impollinazione effettuata dagli insetti (entomofila) deve essere risultata per diverse specie di piante più efficiente dell’impollinazione effettuata dal vento (anemofila); per questo motivo l’evoluzione ha favorito le angiosperme. Più le piante erano attraenti per gli insetti, più frequentemente erano visitate e più semi producevano.

Si svilupparono anche strutture secernenti una sostanza zuccherina, il nettare, che aveva proprio lo scopo di richiamare gli insetti impollinatori; le piante inoltre iniziarono a produrre fiori vivacemente colorati, oppure intensamente profumati, per richiamare l’attenzione verso il nettario e le altre fonti di cibo.

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11openL’impollinazione può avvenire in molti modi diversi, per esempio grazie agli animali (come questo pipistrello).

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Scienza illustrata

Il fiore è una struttura specializzata per favorire la riproduzione

I fiori sono strutture specializzate nel favorire la riproduzione della pianta; allo scopo di attrarre gli insetti, alcuni fiori non sono solo profumati e colorati, ma in alcuni casi arrivano a imitare l’aspetto delle femmine di particolari insetti per richiamare i maschi. I fiori sono anche strutture riproduttive specializzate in cui avviene la riproduzione sessuata, si formano i semi e si sviluppano i frutti.

La maggior parte dei fiori è costituita da diverse componenti, ognuna delle quali si può considerare, dal punto di vista evolutivo, come una foglia modificata.

Il fiore del pero (al centro della pagina seguente) è chiamato perfetto in quanto contiene sia le strutture maschili, chiamate stami, sia quelle femminili, definite carpelli.


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Le piante possono essere monoiche o dioiche

A differenza degli organi riproduttori degli animali, che sono strutture permanenti, i fiori sono strutture temporanee che si originano stagionalmente; dopo la fecondazione alcune parti del fiore si trasformano in frutto, struttura che protegge e racchiude il seme o i semi, mentre le altre parti muoiono e sono eliminate. Talvolta, i fiori maschili e femminili possono essere diversi, ma presenti sulla stessa pianta, come nella zucca, nella quercia, nella betulla e nel granturco (figura 12A); tali piante sono dette monoiche (in greco «una casa»). Le specie in cui i fiori maschili e femminili si trovano su piante diverse, come il kiwi (figure 12B,C), il vischio e l’agrifoglio, sono dette dioiche («due case»).


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La longevità delle piante: annuali, biennali e perenni

Le piante si suddividono in annuali, biennali e perenni. Nelle piante annuali l’intero ciclo vitale avviene nel corso di una sola stagione; radici, fusti e foglie muoiono, e soltanto i semi, che presentano una caratteristica resistenza al freddo e alla disidratazione, fanno da collegamento tra una generazione e quella successiva. Le piante annuali comprendono gran parte delle piante erbacee, i fiori selvatici, i fiori da giardino e le verdure (figura A).

Nelle piante biennali, dal periodo della germinazione a quello della formazione dei semi sono necessarie due intere stagioni. Spesso, nel primo anno cresce un piccolo fusto, una rosetta di foglie vicine alla superficie del terreno e un sistema radicale; in genere le radici, come quelle delle barbabietole e delle carote, sono modificate per immagazzinare le sostanze di riserva (figura B). Durante la seconda stagione di crescita, le riserve alimentari sono usate per dare origine a fiori, frutti e semi, dopo di che la pianta muore.

Le piante perenni hanno strutture vegetative che resistono da un anno all’altro. Le erbacee perenni, come i narcisi, i ciclamini (figura C) e gli iris, nelle stagioni sfavorevoli rimangono quiescenti, cioè a riposo, sotto forma di strutture sotterranee modificate (bulbi), mentre le piante legnose perenni, tra cui i rampicanti, gli arbusti e gli alberi, sopravvivono sopra il livello del suolo.

Alcune piante legnose perenni, come quelle delle foreste tropicali, possono avere un continuo ricambio di foglie e vengono definite sempreverdi; altre piante invece, tipiche dei climi temperati, perdono le foglie a ogni inverno e sono dette decidue. Sono decidui quasi tutti gli alberi (come i faggi e i castagni) che non siano gimnosperme, i cespugli (come i noccioli e i rovi) e i rampicanti (come la vite).


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Il frutto è una struttura specializzata per la dispersione dei semi

Il frutto protegge i semi e ne facilita la dispersione; quest’ultima funzione è molto importante per la sopravvivenza della specie perché, se tutti i semi cadessero alla base della pianta che li produce, i nuovi germogli non avrebbero abbastanza spazio e luce per crescere.

L’aspetto e l’odore del fiore e del frutto sono espedienti per ricompensare, ingannare e attrarre gli animali, e per indurli a realizzare le strategie riproduttive delle piante. Spesso il frutto ha la funzione, analogamente a quella dei fiori, di ricompensare l’animale visitatore che contribuisce al successo riproduttivo della pianta e, quindi, viene mangiato. Un esempio familiare è rappresentato dai numerosi frutti carnosi commestibili, come la mela o il pomodoro, che diventano saporiti e vivacemente colorati via via che maturano, attirando così l’attenzione di uccelli e mammiferi, uomo compreso. I semi, all’interno dei frutti, hanno un rivestimento che non viene sciolto dai succhi gastrici (figura 13); pertanto, essi passano indenni attraverso il tubo digerente e, qualche ora più tardi, vengono depositati lontano dalla pianta madre, anche arricchiti da concime organico.

I frutti possono avere molte forme differenti: alcuni frutti molto leggeri hanno una forma che permette loro di essere portati dal vento (figura 14); altri invece hanno uncini con cui si attaccano al pelo degli animali e si fanno trasportare. Una pera, per esempio, si sviluppa da un fiore in cui l’ovario contiene diversi ovuli; nel frutto maturo, la polpa commestibile e la parte centrale più coriacea derivano da due diverse strutture fiorali, il carpello e l’ovario (figura 15). Le piccole strutture centrali di colore marrone scuro sono i semi. In una pianta di pisello, invece, il baccello è la parete dell’ovario maturo, cioè il frutto, mentre i piselli sono i semi. Analogamente, una castagna è un seme, mentre il riccio che la contiene è il frutto. Peperoni, cetrioli e zucchine sono anch’essi frutti: al loro interno sono visibili i semi chiari. Il lampone è un aggregato di molti piccoli frutti originatisi da un unico fiore e contenenti ciascuno un unico seme.

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14openNel frutto del tarassaco (o «soffione»), i semi sono attaccati a particolari strutture a forma di ombrello che consentono loro di essere trasportati dal vento.

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Le angiosperme si suddividono in monocotiledoni e dicotiledoni

La divisione delle angiosperme è costituita da due grandi classi: le dicotiledoni, che includono circa 170 000 specie e sono caratterizzate da semi contenenti due cotiledoni (le parti del seme che durante lo sviluppo si trasformano in foglie embrionali), e le monocotiledoni, piante che comprendono circa 65 000 specie con semi provvisti di un solo cotiledone.

Come si può vedere nella tabella 1, dicotiledoni e monocotiledoni differiscono tra loro per diversi aspetti strutturali.

Tabella 1 Alcune differenze tra dicotiledoni e monocotiledoni
Tabella 1open

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Il fotoperiodismo: le piante reagiscono alla diversa durata del dì

In molte zone della biosfera i cambiamenti ambientali più importanti che influiscono sulla vita delle piante sono quelli legati alle variazioni stagionali. Le piante sono in grado di adattarsi a questi cambiamenti grazie alla loro capacità di avvertire in anticipo l’annuale succedersi degli eventi: le prime gelate, le piogge primaverili, i lunghi periodi secchi, i lunghi periodi di accrescimento, il momento di interruzione della quiescenza e anche il momento in cui fioriranno le piante vicine della stessa specie. Molte piante realizzano queste previsioni misurando i periodi relativi di durata del dì e della notte: questo fenomeno è detto fotoperiodismo.

Gli effetti del fotoperiodismo sulla fioritura sono particolarmente evidenti. Le piante, a tale riguardo, vengono divise in tre tipi principali: neutrodiurne, brevidiurne e longidiurne.

Le piante neutrodiurne fioriscono indipendentemente dalla lunghezza del dì. Le piante brevidiurne fioriscono invece all’inizio della primavera o in autunno in quanto devono essere esposte alla luce per un tempo inferiore a un periodo critico: per esempio, i fiori di lappa minore (Xanthium strumarium), i cui frutti uncinati in autunno si attaccano al pelo degli animali o ai maglioni di chi passeggia in campagna, fioriscono quando sono esposti alla luce per un massimo di 16 ore. Altre piante brevidiurne sono le stelle di Natale, le fragole, le primule e alcuni crisantemi.

Le piante longidiurne fioriscono solamente se i periodi di esposizione alla luce, come in estate, sono superiori a uno specifico periodo chiamato intervallo critico per quella varietà; gli spinaci, le patate, il trifoglio e la lattuga sono esempi di piante longidiurne.

La scoperta del fotoperiodismo ha permesso di spiegare alcuni dati apparentemente contraddittori circa la distribuzione di certe piante comuni. Perché, per esempio, gli spinaci non riescono a produrre semi nelle zone tropicali? Gli spinaci hanno bisogno di 14 ore di luce al giorno per un periodo di almeno due settimane perché possano fiorire e, ai tropici, il dì non è mai così lungo.

openI frutti di Xanthium strumarium.

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