Unità Aristotele

Lezione Il mondo fisico

Lo spazio, il tempo e l’infinito

La concezione aristotelica dello spazio ha avuto una grande risonanza fino agli inizi dell’età moderna, condizionando in modo decisivo tutte le immagini tradizionali dell’universo e dell’uomo, contro le quali hanno dovuto lottare i maggiori esponenti della rivoluzione scientifica del XVII secolo. Essa assume perciò un rilievo culturale più ampio, che va al di là delle conoscenze legate all’esposizione della sua filosofia della natura.

Aristotele definisce anzitutto lo spazio come il “luogo” (tópos), ossia come la posizione di un corpo fisico tra gli altri corpi 6. Si tratta di una caratterizzazione analitica, di tipo qualitativo, estranea a qualsiasi riduzione metrica e dimensionale che faccia uso della nozione quantitativa di “misurazione”.

Lo spazio ha dunque una sua essenza e una forma di esistenza autonoma da quella dei corpi fisici, pur non essendo esso stesso un corpo. Ciò dipende dal fatto che, se fosse un corpo, dovrebbe a sua volta essere in un luogo e, d’altra parte, se non avesse un essere, i corpi dovrebbero paradossalmente trovarsi nel non-essere, cioè non avrebbero alcuna posizione. Per qualificare l’essere dello spazio, che non può ricondursi né alle sostanze sensibili né alle sostanze sovrasensibili, Aristotele deve di conseguenza impiegare un concetto-limite che permetta di separarlo dai fenomeni materiali finora conosciuti. Ora, dal momento che esso senza dubbio “contiene” i corpi – in quanto il medesimo spazio può essere occupato da corpi diversi – ma non ha alcuna relazione sostanziale di continuità con essi, ne deriva la celebre definizione, secondo cui «lo spazio è il limite immobile e immediato del contenente, in quanto esso è contiguo al contenuto». Si noti che, in tal senso, lo spazio non va confuso con un “recipiente”, perché non lo si può trasportare (come un vaso), né – essendo il contenitore tale rispetto a un contenuto – può essere vuoto. Quanto all’immediatezza, significa che esso è collegato senza intermediari al suo contenuto, dal quale tuttavia si distingue come il “limite” di un corpo si distingue dal corpo stesso.

La concezione aristotelica dello spazio comporta quindi, contro gli atomisti, l’inammissibilità del vuoto e l’esistenza di luoghi naturali a cui ciascuno degli elementi materiali (acqua, aria, terra, fuoco) tende quando non trova ostacoli. L’universo ha perciò un “alto” e un “basso” come determinazioni naturali oggettive, cioè non relative all’osservatore. Esso è inoltre un insieme finito nel quale si svolgono movimenti di traslazione e la cui estremità è costituita dal cielo che, non essendo a sua volta in altro luogo, non può muoversi per traslazione, ma solo nel senso della circolarità su sé stesso.

Per tale ragione, il mondo sensibile e visibile, in cui i movimenti accadono, è diviso in due sfere: una sublunare, nella quale hanno luogo tutti i generi di movimento e in particolare quello rettilineo, e una sovralunare o celeste, caratterizzata dal solo movimento circolare perfetto, continuo ed eterno, composta da una materia separata rispetto a quella del mondo corruttibile e chiamata “etere”, ovvero la “quinta essenza” distinta dai quattro elementi sublunari.

In stretta connessione con la nozione di spazio si trova poi la nozione di tempo, rispetto alla quale Aristotele precorre Agostino nel negarne la real­tà oggettiva e indipendente. Il tempo non può infatti prescindere né dal riferimento fisico al movimento corporeo né dal riferimento psicologico all’anima. Per quanto riguarda l’aspetto fisico, il tempo è inseparabile dal movimento così come questo è inseparabile dall’estensione. Ora, la proprietà dell’estensione è il continuo: il tempo è quindi anzitutto una continuità indotta attraverso il movimento dall’estensione e, alla pari del movimento, caratterizzabile secondo un’anteriorità e una posteriorità. Ma distinguere un “prima” e un “poi” nel tempo significa introdurre nella sua continuità degli intervalli, ovvero degli “istanti” numerabili; da qui la definizione: «Il tempo è il numero – cioè la misura – del movimento secondo il prima e il poi». Una simile definizione ci conduce all’aspetto psicologico: se il tempo è il “numero” o la misura, occorre qualcosa capace di numerare e misurare, vale a dire un soggetto o un pensiero che eserciti la numerazione; pertanto, senza l’anima che pensa il numero, non sussisterebbe il tempo, ma solo il movimento dei corpi esterni 7.

Infine, spazio, tempo e numero sono – ciascuno nel suo genere – aumentabili (sommabili) e diminuibili (divisibili) all’infinito solo in modo potenziale, cioè come disposizione delle grandezze in una successione che non si può mai esaurire del tutto. L’infinito esiste dunque unicamente in potenza, perché collegato con la categoria della quantità, limitata al mondo sensibile. Così, nel riprendere l’idea pitagorica secondo cui il finito è perfetto e l’infinito imperfetto, Aristotele non solo nega l’esistenza di un infinito in atto, ma – sostenendo la continuità dello spazio e del tempo, cioè la loro divisibilità all’infinito – confuta anche l’argomento di Zenone in base al quale è impossibile attraversare uno spazio infinito in un tempo finito. Infatti, un tempo può benissimo essere finito (in atto), ma infinitamente divisibile (in potenza) 8.

8.Fisica aristotelica e fisica galileiana: un confronto

Ambiti di indagine Teoria di classe (fisica aristotelica) Teoria di campo (fisica galileiana)
1. Comportamento degli oggetti
  • Dipende dalla loro “natura”, cioè dalla “classe” alla quale appartengono.
  • Dipende dalla struttura del “campo” in cui sono inseriti.
2. Forza
  • Ha proprietà finalistiche.
  • Ha proprietà vettoriali.
3. Spazio e movimento
  • Esiste una determinazione locale.
  • Dinamica = statica degli equilibri ottimali.
  • Non esiste determinazione locale.
  • Statica = caso particolare della dinamica delle forze.
4. Concetti impiegati
  • Sostanziali.
  • Funzionali.
5. Metodo
  • Essenziale-astrattivo.
  • Morfologico-empirico.
  • Relazionale-coordinativo.
  • Ipotetico-deduttivo.
6. Analisi
  • Condotta in termini di regolarità delle frequenze storico-geografiche degli eventi.
  • Fa uso di parametri dicotomici (alto-basso ecc.).
  • Condotta in termini di leggi necessarie (astoriche), indipendentemente dalla frequenza degli eventi.
  • Fa uso di gradazioni continue (funzioni).
7. Significato dei risultati ottenuti
  • Valutativo.
  • Avalutativo, descrittivo.
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