Aristotele
La suddivisione del sapere e le origini del problema metafisico. La “filosofia prima” e le quattro cause
1. Il contenuto della scienza e i diversi ambiti di razionalità
La logica – come abbiamo osservato – è una scienza sui generis, perché fornisce gli strumenti preliminari a ogni scienza particolare, mostrando come si ragiona. Le scienze in senso proprio sono tuttavia quelle che hanno un contenuto, cioè che portano a conoscenze attraverso il ragionamento. Queste conoscenze possono essere ordinate gerarchicamente, secondo il tipo di razionalità che esprimono, l’oggetto che esaminano e lo scopo a cui tendono.
Ora, poiché trattiamo di contenuti, cioè di cose che in qualche modo “sono”, valutandone l’ordine e il tipo di razionalità espresso, la suddivisione e la gerarchia delle scienze ci introduce a quello che in tutta la tradizione filosofica occidentale, con un termine non aristotelico, viene indicato come “problema metafisico”. La metafisica (letteralmente: “ciò che si trova al di là o al di sopra del mondo fisico”, delle cose materiali e naturali, e che Aristotele fa coincidere con il concetto di “filosofia prima”) non consiste solo nella considerazione di enti non-fisici – uno dei sensi, come vedremo, della metafisica aristotelica –, ma soprattutto nel tentativo di ricondurre il mondo dell’esperienza, che ricaviamo attraverso la materialità della percezione sensibile, a elementi non-empirici che possiamo considerare come “dotazioni” immateriali specifiche del soggetto di conoscenza, vale a dire il linguaggio e il pensiero. Il problema metafisico si esprime dunque – secondo una celebre definizione di Heidegger – nel tentativo di risolvere la questione della relazione tra soggetto e oggetto della conoscenza, la quale si può compendiare nella domanda: «Com’è possibile che “A” nel pensiero e nel linguaggio corrisponda ad “A” nella realtà?» (in formula: «?(/A/ = A)») 1. Notiamo che questo problema si presenta solo nel momento in cui decade l’isomorfismo naturale tra pensiero e realtà, tipico della logica arcaica.
Il primo passo da compiere per la soluzione di questo problema è, secondo Aristotele, quello di comprendere il tipo di realtà con cui abbiamo a che fare e, di conseguenza, le forme della razionalità che vengono poste in gioco. Non è infatti possibile, in una prospettiva aristotelica, una realtà completamente irrazionale: anche quegli aspetti che si sottraggono al rigore dell’argomentazione logica sono comunque legati a una qualche specie, sebbene diversa e non apodittica, di razionalità.
Otteniamo così in primo luogo le scienze teoretiche, il cui scopo è la conoscenza della verità. Ora, poiché il loro oggetto è il vero in sé senza alcuna finalità esterna, si tratta di scienze puramente contemplative, come la fisica, la matematica e la filosofia prima. Oggetti della fisica sono gli enti naturali del mondo esterno, indipendenti dal pensiero e sottoposti al movimento e al mutamento. Per Aristotele la fisica non è quindi – come vedremo nella lezione 34 – la scienza astratta e quantitativa dei corpi di cui bisogna cercare le “leggi”, ma una scienza qualitativa che fa parte del più ampio sapere intorno alla natura, in cui rientrano anche la biologia, la zoologia, la meteorologia ecc.
La matematica studia invece quegli enti, come i numeri e le figure, che non sono sottoposti al mutamento. Essi tuttavia non hanno una realtà indipendente, ma si trovano sempre legati a qualcosa di materiale e sono ricavabili solo per astrazione. La loro dipendenza è pertanto la stessa dei generi e delle specie che non sono separati dagli enti concreti e individuali, bensì separabili solo attraverso il pensiero. Si tratta dunque di una dipendenza ontologica che non implica una dipendenza logica, perché il pensiero non crea tali enti (che esistono già de re), ma semplicemente li esplicita o astrae dall’essere reale (realismo moderato o concettualismo).
A sua volta, la “filosofia prima” ha come oggetto sia quell’ente che, essendo indipendente dal pensiero e dalle cose concrete, non diviene mai ma “è” in eterno, vale a dire “Dio” (teologia), sia l’essere in quanto tale, ossia ciò che vi è di comune a tutti gli esseri particolari. In quest’ultimo caso, la filosofia prima appare come una metascienza, nella misura in cui esprime un sapere riguardo a ciò che si pone a fondamento di tutte le altre scienze 2.
Alle scienze teoretiche si affiancano, in secondo luogo, le scienze pratiche (etica e politica), che differiscono dalle prime per scopo, oggetto e tipo di razionalità. Il loro scopo è infatti l’azione o, meglio, l’agire, e il loro oggetto sono le norme e i valori istituiti dagli uomini. In considerazione dell’origine artificiale e convenzionale delle norme etiche, non si tratta di oggetti necessari e immutabili, ma possibili e trasformabili. Di conseguenza, la loro razionalità è interna, cioè coincide con l’agire stesso, che è la qualità dell’azione come osservanza della norma. Per esempio, la norma “non rubare” trova la sua piena attuazione nella rigorosa astensione dal furto; questo significa che la dimensione dell’agire è puramente “pratica”, in quanto ha in sé stessa il criterio del suo senso.
Infine, connesse alle scienze pratiche e all’azione sono le scienze poietiche o “produttive”, che riguardano tutto il sapere tecnico e artistico. Come le scienze pratiche, esse sono il frutto di decisioni e convenzioni umane rispetto a oggetti possibili, ma sono distinte dal sapere pratico nella stessa misura in cui il fare è distinto dal semplice agire. Infatti, il fare trova il suo criterio e il suo scopo nella cosa fatta, cioè nella qualità dell’oggetto prodotto, e ciò indipendentemente dall’azione produttiva o dal comportamento etico-morale di chi svolge l’azione; per esempio, un calzolaio buono (sul piano etico) non sempre è un buon calzolaio (sul piano tecnico-poietico) e viceversa. Potremmo inoltre immaginare un’elevata qualità delle azioni svolte per produrre qualcosa (come laboriosità, zelo, assiduità, serietà nell’applicazione ecc., ossia tutto ciò che possiamo definire “buona intenzione”), ma uno scarso risultato dal punto di vista del prodotto, cioè del suo valore d’uso o “tecnico”.
In conclusione, la razionalità poietica è esterna all’azione; questa esteriorità crea una dipendenza – sebbene indiretta – dell’uomo dall’oggetto prodotto, la quale avvicina dunque i prodotti dell’arte e della tecnica ai prodotti della natura 3.
3.La suddivisione aristotelica delle scienze
Tipi di scienze | Ambiti disciplinari | Modalità di azione | Oggetti | Finalità | Forme di razionalità |
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Scienze teoretiche |
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Scienze pratiche |
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Scienze poietiche |
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