Aristotele
La logica come scienza: dalle idee alle classi. Le “categorie” tra logica e realtà
La prima categoria: la sostanza
Nelle Categorie (5, 2 a 12 – 3 b 24) Aristotele affronta per la prima volta quello che apparirà come il concetto fondamentale sia della logica sia della metafisica: la nozione di sostanza. Essa rappresenta la prima categoria che, per la sua universalità e necessità, sorregge tutta la successiva articolazione categoriale. Tra le numerose caratteristiche “positive” della sostanza (la divisione tra sostanza prima e seconda, il discorso definitorio, la permanenza o “sostrato” ecc.) compare anche l’aspetto maggiormente problematico della sostanza come “individuo”, cioè il fatto che, essendo “prima”, essa non si possa compiutamente definire, ma rimanga sempre come il residuo inesauribile di ogni predicazione.
«“Sostanza” nel senso più proprio, in primo luogo e nella più grande misura, è quella che non si dice di un qualche sostrato, né è in un qualche sostrato, ad esempio, un determinato uomo, o un determinato cavallo. D’altro canto, sostanze seconde si dicono le specie, cui sono immanenti le sostanze che si dicono prime, ed oltre alle specie, i generi di queste. Ad esempio, un determinato uomo è immanente ad una specie, cioè alla nozione di uomo, e d’altra parte il genere di tale specie è la nozione di animale. Queste – ad esempio le nozioni di uomo e di animale – si dicono dunque sostanze seconde.
Da quanto si è esposto risulta d’altronde chiaro che tanto il nome quanto il discorso definitorio dei termini che si dicono di un sostrato vengono necessariamente predicati del sostrato. Così, il termine “uomo” si dice di un sostrato, ad esempio di un determinato uomo: di tale sostrato, certo, si predica il nome (di un determinato uomo, tu predicherai infatti il termine “uomo”), ma altresì il discorso definitorio del termine “uomo” verrà predicato di un determinato uomo. In effetti, un determinato uomo è tanto uomo quanto animale. Di conseguenza, tanto il nome quanto il discorso definitorio si predicheranno del sostrato. Per contro, non si predicano del sostrato, per la grande maggioranza dei casi, né il nome né il discorso definitorio degli oggetti che sono in un sostrato. Tuttavia, nulla impedisce in certi casi che il nome venga predicato del sostrato, pur essendo la cosa impossibile per il discorso definitorio; ad esempio, il bianco, che è in un sostrato, cioè nel corpo, viene predicato del sostrato (un corpo può dirsi infatti bianco), ma il discorso definitorio del bianco non si predicherà mai del corpo.
All’infuori delle sostanze prime, tutti gli altri oggetti o si dicono “di sostrati” ed allora si dicono delle sostanze prime, oppure sono “in sostrati” ed allora sono nelle sostanze prime. Ciò risulterà d’altronde chiaro dai singoli casi proposti come esempi. Così, la nozione di animale si predica della nozione di uomo, e di conseguenza, pure di un determinato uomo; se invero non si predicasse di nessuno dei singoli uomini, non si predicherebbe affatto neppure della nozione di uomo. [...]
D’altra parte, fra le sostanze seconde, la specie è sostanza in maggior misura del genere, dato che si approssima di più alla sostanza prima. Se qualcuno, difatti, deve spiegare che cos’è la sostanza prima, fornisce un elemento più noto e più proprio presentando la specie, piuttosto che non il genere; riguardo a un determinato uomo, ad esempio, dichiarando che è uomo si fornirà un elemento noto, più di quanto non si faccia dicendo che è animale: in realtà, il primo elemento è in maggior misura proprio di un determinato uomo, mentre il secondo ha un’estensione più grande. […]
Oltre a ciò, la ragione per cui le sostanze prime si dicono sostanze in massimo grado consiste nel fatto che esse stanno alla base di tutti gli altri oggetti, e che tutti gli altri oggetti si predicano di esse, oppure sussistono in esse. Orbene, precisamente allo stesso modo in cui le sostanze prime si comportano rispetto a tutti gli altri oggetti, così si comporta la specie rispetto al genere. In effetti, la specie è un sostrato del genere, dato che i generi si predicano delle specie, mentre le specie non si predicano inversamente dei generi. Anche per tali ragioni, dunque, la specie è sostanza in maggior misura del genere. Rimanendo d’altronde nel campo delle specie, tra quelle che non sono generi nessuna è sostanza in misura maggiore di un’altra. In realtà, attribuendo ad un determinato uomo la nozione di uomo, non si fornirà un elemento proprio, più di quanto si faccia attribuendo ad un determinato cavallo la nozione di cavallo. Allo stesso modo, del resto, tra le sostanze prime nessuna è sostanza in misura maggiore di un’altra: un determinato uomo è infatti sostanza in misura per nulla maggiore di un determinato bue.
È così giustificato, prescindendo dalle sostanze prime, che le specie ed i generi siano i soli tra gli altri oggetti a dirsi “sostanze seconde”: tra i predicati, in effetti, essi soli rivelano la sostanza prima. Se qualcuno invero deve spiegare che cos’è un determinato uomo, dà una spiegazione appropriata fornendo la specie oppure il genere; d’altra parte, dichiarando che tale oggetto è “uomo”, lo rende noto più di quanto non faccia dichiarando che è “animale”. […]
Alle sostanze seconde ed alle differenze appartiene poi il carattere di dar luogo a predicazioni, che vengono attribuite tutte quante in forma sinonima. Tutte le predicazioni, che provengono dalle sostanze seconde e dalle differenze, sono infatti attribuite o agli oggetti indivisibili o alle specie. In realtà, dalla sostanza prima non proviene alcuna predicazione, dal momento che essa non si dice di alcun sostrato; tra le sostanze seconde, per contro, la specie viene predicata dell’oggetto indivisibile, mentre il genere si predica sia della specie che dell’oggetto indivisibile. Allo stesso modo, poi, le differenze vengono predicate tanto delle specie quanto degli oggetti indivisibili. D’altro canto, le sostanze prime accolgono sia il discorso definitorio delle specie che quello dei generi, mentre la specie riceve quello del genere: in effetti, tutto ciò che si dice del predicato, si dirà pure del sostrato. Del pari, tanto le specie quanto gli oggetti indivisibili accolgono pure il discorso definitorio delle differenze. Senonché, “sinonimi” ci erano risultati quegli oggetti che hanno il nome in comune ed inoltre il medesimo discorso definitorio; di conseguenza, tutte le predicazioni, provenienti dalle sostanze seconde e dalle differenze, sono attribuite in forma sinonima.
Pare d’altronde che ogni sostanza debba esprimere un oggetto immediato. Da un lato, nel caso delle sostanze prime, è incontestabilmente vero che la sostanza esprime un oggetto immediato (la sostanza che rivela è infatti indivisibile e numericamente una); d’altro lato però, riguardo alle sostanze seconde, nonostante che la forma della denominazione – se qualcuno, ad esempio, parla di “uomo” o di “animale” – dia l’impressione che venga significato un oggetto immediato, ciò non è tuttavia vero, ed un termine cosiffatto significherà piuttosto una qualità. In effetti, il sostrato non è allora uno, come è una la sostanza prima; al contrario, la nozione di “uomo” e quella di “animale” si dicono di molti oggetti. D’altro canto, un termine cosiffatto non esprime semplicemente una qualità, come il bianco. Il bianco difatti non significa null’altro se non una qualità. La specie e il genere, invece, determinano la qualità riguardante la sostanza, dal momento che esprimono una sostanza che ha una certa qualità».
Aristotele, Categorie, trad. it. di G. Colli, in Opere, 1, cit., pp. 8-13.