Da Mendel ai modelli di ereditarietà
Come interagiscono i geni?
Nuove combinazioni e interazioni fra geni producono il vigore degli ibridi
Agli inizi del Novecento uscì un articolo del genetista statunitense George H. Shull; l’articolo era intitolato «La composizione di un campo di granturco» ed ebbe un’influenza fondamentale sugli studi di genetica applicata.
Gli agricoltori sapevano da secoli che l’accoppiamento fra parenti (detto inincrocio) può portare a una prole di qualità più scadente rispetto all’accoppiamento fra individui non imparentati. I problemi con l’inincrocio sorgono perché i parenti stretti tendono ad avere gli stessi alleli recessivi, alcuni dei quali possono essere dannosi come abbiamo visto trattando degli alberi genealogici umani. Si sapeva da tempo che incrociando due diversi ceppi puri, cioè ceppi di piante o animali geneticamente omozigoti, si ottiene una prole più forte, più grande e in generale più «vigorosa» rispetto ai genitori.
Shull iniziò il suo esperimento con due delle migliaia di varietà di granturco esistenti. Entrambe le varietà avevano all’incirca la stessa resa (attorno a 5 quintali di granturco per ettaro) ma, quando Shull le incrociò, la resa della loro prole quadruplicò. Questo fenomeno è noto con il nome di eterosi (contrazione di eterozigosi) o vigore degli ibridi. La pratica dell’ibridazione è utilizzata oggi sia in agricoltura sia in zootecnia; per esempio, i bovini da carne incrociati sono più corpulenti e più longevi del bestiame allevato all’interno del proprio ceppo genetico.